Lo stabilimento di via Argine sarebbe risultato inagibile. I lavoratori ritornano nel caos
Delusione e rabbia dei quasi 400 lavoratori ex Whirlpool alla notizia del comunicato diramato da Adler, capofila del progetto di reindustrializzazione che avrebbe dovuto rilanciare lo stabilimento di via Argine, assorbendo le ex tute blu rimaste senza lavoro dopo la decisone di Whirlpool di cessare la produzione di lavatrici nello stabilimento di Napoli. Adler esprime dubbi sull’agibilità dello stabilimento e lamenta ritardi nelle risposte istituzionali attese da mesi.
Come ampiamente noto e documentato – spiega in una nota Adler group Spa – il lavoro svolto dal Consorzio campano aveva portato nei mesi scorsi all’attenzione del tavolo istituzionale le criticità evidenziate dalla verifica tecnica. Le conclusioni del documento prodotto erano chiare: la mancanza di requisiti di compatibilità urbanistica, la carenza di documentazione inerente l’agibilità, le problematiche ambientali del sottosuolo e la presenza di amianto, rendevano non cantierabile l’intervento. Altrettanto chiare erano le posizioni espresse dal Consorzio in nome delle imprese aderenti, anch’esse comunicate per iscritto ed espresse durante i lavori dei tavoli istituzionali: senza una preventiva risoluzione delle problematiche tecniche evidenziate, non era – e tuttora non è – possibile per il Consorzio (né riteniamo per chiunque sia chiamato a proporre un progetto industriale reale) formulare un piano industriale definitivo.
In sostanza, senza conoscere tempi, procedure, costi per il necessario ripristino dei luoghi prima ancora di avviare i nuovi investimenti, non si capisce come si possa chiedere a soggetti potenzialmente interessati di assumere impegni. Ad oggi, il Consorzio non ha avuto alcuna risposta alle istanze presentate ed evidenzia che l’annunciato superamento delle problematiche tecniche, che in ogni caso sono augurabili per il bene del territorio, va documentato dall’azienda Whirlpool e attestato dalle autorità competenti. Ancor più emblematico è il modo in cui tutto ciò viene rappresentato, arrivando al paradosso che il raggruppamento di imprese che il Consorzio rappresenta appaia come il problema piuttosto che come l’opportunità. Per i lunghi anni della trattativa sulla crisi generata dall’annuncio della chiusura dello stabilimento Whirlpool, nessuno aveva eseguito una valutazione reale per il riutilizzo dell’area; l’unica colpa del Consorzio è stata forse quella di affrontare con serietà e concretezza l’iniziativa mentre ad altri bastavano solo gli annunci. Il risultato di questa situazione di incertezza porterà inevitabilmente le imprese ad allontanarsi dall’iniziativa, ed a ritenere non più sussistenti le condizioni di fattibilità, considerando che elementi che erano stati rappresentati come risolvibili in 48 ore sono ancora insoluti a distanza di tanti mesi, compromettendo, così, irrimediabilmente, i piani delle aziende, e, nostro malgrado, le aspettative di chi (i lavoratori e le famiglie) vi ha riposto le proprie speranze.