NAPOLI – Sembrerebbe dunque così: hanno fatto del nostro Vesuvio un inceneritore a cielo aperto. Ad oggi che le fiamme sono state spente si è scoperto che a bruciare per giorni probabilmente siano stati roghi tossici. Gli inviati de Il Corriere del Mezzogiorno (fonte) hanno trovato e fotografato i residui bruciati di una molteplicità di rifiuti illegali. Proprio lo smaltimento illecito di tonnellate di scarti industriali di aziende tessili e di vernici non a norma pare sia quindi stato il motivo disumano che ha spinto l’organizzazione criminale alla piromania.
Ettari ed ettari di Parco Naturale cancellati, una bellezza iconica deturpata, una florida vegetazione scomparsa nel nulla. Il tutto per disfarsi di una quantità incalcolabile di spazzatura. Ancora in queste ore, laddove il fuoco non è arrivato, c’è ancora immondizia che l’incendio non ha fatto in tempo a divorare. Parliamo ad esempio di via Zabatta, la lunghissima strada provinciale che da Ottaviano conduce a Boscotrecase e da lì alla Panoramica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Sacchi di tessuti, barattoli di vernice, pneumatici, televisori, bidoni, frigoriferi, tubi con lastre di amianto e serbatoi da motrice abbandonati di notte per mesi e che adesso alla luce del sole incorniciano il percorso ai lati. A denunciare ulteriormente il crimine centinaia di impronte di scarpe ancora visibili lungo il sentiero di terra vulcanica che porta a via Zabatta. Del resto sarebbero ingenuo credere possibile che tali rifiuti si siano materializzati lì da soli, senza che le braccia di alcuno ce li abbia trasportati.
Ma cosa hanno respirato per giorni i residenti dei paesi che circondano il Vesuvio? Si ipotizza i fumi sprigionati da delle lastre di amianto, da cumuli di pneumatici e agenti chimici di solventi usati per il trattamento dei prodotti in pelle. In una parola veleno. Hanno avvelenato il nostro paesaggio, la popolazione e lo spirito. L’ennesima notizia che immobilizza e fredda gli animi. Desolazione. Solo desolazione sulle pendici del Vesuvio e nei cuori dei partenopei dove anche il dolore e la rabbia si sentono impotenti. Eppure non ci deve essere spazio per la rassegnazione. Ci saranno indagini e inchieste per verificare i fatti. Un’altra pagina della travagliata storia di Napoli è stata scritta e per adesso, come diceva Eduardo, “Adda passà ‘a nuttata”.
Di Valentina Mazzella