Napoli – la funzione è trasmessa sulla pagina Facebook della polizia. In strada, un plotone di agentiin mascherina e i colleghi di Lino Apicella, che aveva scelto un ruolo operativo perché “amava il suo lavoro”.
Apicella era al volante dell’auto di servizio “Secondigliano 11” quando la vettura è stata centrata in pieno dall’Audi sulla quale viaggiavano tre bosniaci di etnia Rom ( il quarto era fuggito a piedi) per i quali adesso la Procura e il giudice ipotizzano l’omicidio volontario. Uno dei quattro, l’autista dell’Audi, era rimasto coinvolto tre anni fa in un episodio simile,: aveva speronato durante un inseguimento un’auto dei carabinieri.
Condannato a 3 anni e 2 mesi, era uscito a fine pena. Nei giorni scorsi, con un post su Facebook la sorella di Lino, Nella, aveva chiesto giustizia: “Se lo Stato avesse compiuto il suo dovere 3 anni fa, quando questi individui hanno reagito nello stesso modo contro l’Arma dei carabinieri, mio fratello oggi sarebbe qui. Purtroppo la giustizia non mi porterebbe indietro l’amore nostro, ma eviterebbe di spezzare altre vite”.
In chiesa anche il capo della polizia Gabrielli e il questore Alessandro Giuliano, che un toccante ihtervento dal pulpito ha ricordato una frase che Apicella ripeteva al proprio padre, preoccupato per i rischi che il figlio correva nel suo lavoro: “Tu pensa a fare le ceramiche, che a fare il guardio ci penso io.
All’uscita del feretro, dopo le note.del Silenzio, le sirene spiegate delle volanti salutano per l’ultima volta Lino, che su una di quelle auto aveva scelto di tornare per difendere la sua terra. E su una di quelle volanti ha perso la vita.