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Teatro San Ferdinando, “La zattera di Géricault”: dai naufraghi della Medusa ai migranti moderni

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Foto dal profilo ufficiale Instagram del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

RECENSIONE – Un episodio storico drammatico e cruento. Il naufragio di una nave in mezzo all’Oceano Atlantico. Allo stesso tempo il simbolico naufragio di una nazione politicamente fragile e la deriva della vita di un grande artista. “La zattera di Géricault” di Carlo Longo racconta una storia profonda grazie alla magistrale regia di Piero Maccarinelli. Lo spettacolo è in scena al Teatro San Ferdinando già dal 27 ottobre fino a domani, domenica 6 novembre 2022. Sul palco un cast eccezionale con Lorenzo Gleijeses, Francesco Roccasecca, Claudio Di Palma, Nello Mascia e Anna Ammirati. Le scenografie versatili, i costumi d’epoca e i giochi di luci permettono al pubblico di immergersi al meglio in una narrazione a ritroso nel tempo, dal 1818 al 1817. Un racconto che è possibile leggere su tre piani diversi.

Nel 1816 ebbe luogo un fatto di cronaca: una nave francese, la Medusa, naufragò incagliandosi su un fondale sabbioso al largo dell’attuale Mauritania. Oltre 250 passeggeri si salvarono grazie a delle scialuppe. La ciurma, composta da 147 uomini, si imbarcò su una zattera di fortuna, lunga venti metri e larga sette. Dopo due settimane per mare solo quindici persone furono salvate dal battello Argus. I sopravvissuti erano in condizione pietose, denutriti. Sulla zattera i più deboli erano morti per primi. A seguire erano stati consumati episodi di violenza, sopraffazione e addirittura di cannibalismo. Una storia di disperazione, di ingiustizie sociali e di lotta per la vita. Nonostante le dinamiche diverse, irrimediabilmente nella mente oggi sono evocate scene di grande attualità. Le immagini del dramma dei morti in mare nel Mediterraneo.

Foto dal profilo ufficiale Instagram del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

Il noto pittore Géricault scelse l’argomento per realizzarne un grande quadro, un capolavoro che desidera venisse poi acquistato ed esposto dal Museo Louvre. Il tema fu apprezzato da molti, ma purtroppo contestato da altrettanti critici d’arte perché l’evento, così recente, spaccava ferocemente la scena politica della Francia in due. Il sovrano Luigi XVIII intuì subito che il naufragio dipinto non fosse un naufragio qualunque, ma quello della Medusa a causa del quale in tanti puntavano il dito contro la monarchia che aveva reso capitano un comandante senza meriti effettivi.

Dallo spettacolo emerge tutto l’ardore del giovane Géricault desideroso di rappresentare il vero confezionato ad arte. Géricault, esponente del Romanticismo francese, prende le distanze dalla perfezione del Neoclassicismo. Non desidera esaltare i vincitori. Celebra i nuovi eroi che sono i vinti, gli sconfitti. È in cerca di gloria. Nel suo laboratorio studia l’anatomia di pezzi di cadaveri, analizza il colorito della pelle in putrefazione. Sulla tela vuole rappresentare la morte, il dolore, la sofferenza. Ne è ossessionato. Forse per distogliere l’attenzione dalla sofferenza della sua vita privata: il tormento per la separazione dalla donna che ama – la giovane moglie dello zio che lo ha cresciuto – e dal bambino illegittimo che hanno concepito insieme. Tribolazione e patimento stritolano la sua anima profonda. L’anima di un artista visionario capace, con la sua pittura, di parlare alle coscienze ancora dopo ben due secoli. 

Di Valentina Mazzella

 

 

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