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Teatro Mercadante, “Casanova dell’infinita fuga”: dal mito del seduttore all’uomo che liberava le donne dalle restrizioni sociali

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RECENSIONE – Al Teatro Mercadante di Napoli, dal 12 al 23 marzo, è in scena lo spettacolo “Casanova dell’infinita fuga”. Scritto e diretto da Ruggero Cappuccio, l’opera ai sviluppa in un unico atto assolutamente suggestivo. Evocativi sono, infatti, i costumi di Carlo Poggioli e soprattutto il progetto scenico dello stesso Ruggero Cappuccio, affiancato dagli scenografi Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo. Il tutto reso ulteriormente più magico dalle musiche di Ivo Parlati e dalle coreografie aeree FUNA.

Non da meno sono state le straordinarie interpretazioni di Claudio Di Palma nel ruolo del protagonista e quella di Sonia Bergamasco per la voce delle donne. A seguire il talento di Emanuele Zappariello, Francesca Cercola, Viviana Curcio, Eleonora Fardella, Claudia Moroni, Gaia Piatti, Estelle Maria Presciutti, Maria Anzivino, Sara Lupoli, Marianna Moccia e Viola Russo in un suggestivo corpo di ballo. Dal punto di vista tecnico ed estetico “Casanova dell’infinita fuga” merita un bel dieci nero su bianco.

Purtroppo qualche timido passo all’indietro si esige nel valutare la narrazione. Lo spunto della trama ha del fortissimo potenziale: immagina la notte tra il 3 e il 4 giugno del 1798, quando Giacomo Casanova ha già 73 anni. A causa del sopraggiungere di una forte febbre, ormai anziano, teme di dover morire da un momento all’altro. Il gentiluomo veneziano, personaggio storico realmente esistito, è celebre nell’immaginario collettivo soprattutto per la sua fama di instancabile seduttore. 

“Casanova dell’infinita fuga” intende fotografare la sua condizione quando l’uomo è ormai ospite da tredici anni nel castello di Dux, in Boemia. Lì il conte di Waldestein gli ha conferito il ruolo di bibliotecario di palazzo. Alle prime ore dell’alba Casanova inizia a sospettare che la fatale fine sia vicina. Medita sulla sua vita, sugli incontri e le avventure vissute. Si assiste a un dialogo onirico con molte donne che appare essere qualcosa di molto simile a un processo dell’Inquisizione.

Come premesso, lo spunto di per sé è molto interessante e lo spettacolo, tutto sommato, si lascia guardare con sincero piacere. Semplicemente è meno incalzante di quanto promette. Ciononostante restituisce al pubblico uno sguardo nuovo su Giacomo Casanova. Non più banalmente il mito del seduttore impenitente. “Casanova dell’infinita fuga” regala un ritratto inedito dell’uomo dietro la leggenda. Ne racconta l’infanzia difficile, le fragilità, le paure, anche il modo in cui tante storie di lussuria siano state inventate ad arte per vanità. 

Anche la figura delle donne viene analizzata con una lente nuova: le dame di Casanova non sono più fanciulle sprovvedute, vittime impigliate nella tela pericolosa di un ragno. Casanova non è un manipolatore che le inganna. Le sue amanti sono donne consapevoli che accettano il gioco della seduzione e si lasciano conquistare perché sanno quel che vogliono. Casanova permette loro di essere libere, di autodeterminarsi. Offre loro la possibilità di essere e fare ciò che desiderano, al di là delle restrizioni sociali. Una percezione indubbiamente molto audace ed emancipata per il XIX secolo che dona agli spettatori sorrisi e riflessioni spregiudicate quanto basta per essere ad ogni modo soddisfatti.

Di Valentina Mazzella 

 

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