Revenge porn è un espressione della lingua inglese con la quale si indica il reato della condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite internet senza il consenso dei protagonisti degli stessi. La pubblicazione di tali immagini avviene solitamente con lo scopo di umiliare la persona coinvolta per ritorsione o vendetta. Sulla base di quanto detto poc’anzi, argomento fondamentale di questi giorni è l’uscita allo scoperto di alcuni gruppi social in cui gli utenti si scambiano foto e video di ragazze. Le commentano,le offendono, vendono le proprie figlie ed esprimono il desiderio di volerle piegare alla loro volontà. C’è addirittura chi sostiene di violentare la figlia dodicenne, chi invia foto della propria ex per vendicarsi. Ciò che seduce questi “uomini” è il potere, il dominio, la possibilità di disporre liberamente del corpo di una donna senza che quest’ultima si opponga. Tale fenomeno è la conseguenza di un fatto ancor più grave su cui purtroppo, ancora si basa la nostra società: la cultura dello stupro. Non è giusto che ogni giorno ad una donna stuprata venga chiesto com’era vestita quella notte. Non è giusto affermare che se una donna stuprata indossava una minigonna “beh, allora se l’è cercata”. Tutto questo non è solo un gioco, una “vendetta”, una chat, è violenza di genere talmente introiettata nella vita di tutti i giorni, da risultare “normale”. Normale? La normalità consiste nel rispettare una donna, nel farla ridere, nel corteggiarla, nel trattarla alla pari.
Perché abbiamo il diritto di essere trattate alla pari. Se questi uomini credono che mediante il loro comportamento, le loro offese, noi ci vergogneremo anche solo per qualche minuto di essere donne, vuol dire che non hanno capito niente…anzi grideremo ancora di più: “non è normale che sia normale!”.