Home Cronaca “Lo smontabulli” di Diego Mecenero: il bullismo raccontato da uno scrittore

“Lo smontabulli” di Diego Mecenero: il bullismo raccontato da uno scrittore

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Al centro lo scrittore Diego Mecenero, autore del libro "Lo smontabulli".

POMIGLIANO D’ARCO – “Parole, parole, parole…” cantava Mina nel ’72 lasciando intendere che alle volte le parole possano essere inutili. Eppure non sono mai vacue. Mina si sbagliava: le parole sono importanti, ha spiegato lo scrittore Diego Mecenero ieri, giovedì 11 maggio, in occasione della presentazione del suo libro “Lo smontabulli” (ELI La Spiga Edizioni). Un evento che si è snodato in tre momenti, ciascuno destinato a un peculiare pubblico, nell’ambito della XII rassegna triennale del libro per ragazzi organizzata dal Centro Giorgio La Pira e l’attinente Biblioteca dei Ragazzi I Care di Pomigliano d’Arco. Titolo del progetto è “Lavori in corso… – Abbattere muri… e costruire ponti!”: motto avvincente di una missione coraggiosa.

Il primo incontro si è svolto nella mattinata presso l’I.C. Sulmona-Leone dove Diego Mecenero ha avuto modo di parlare a oltre duecento ragazzini, studenti di quinta elementare e prima media. Nel pomeriggio è seguita, dalle 16:00 alle 17:30, una seconda presentazione presso il Centro Giorgio La Pira rivolta ai ragazzi della Scuola Calcio ASD Football Pomigliano. Infine, nella stessa sede, dalle 18:30 alle 20:00, l’evento si è aperto al confronto con i genitori e i docenti.

Diego Mecenero che parla ai ragazzi presso l’I.C. Sulmona-Leone di Pomigliano d’Arco.

Diego Mecenero è un autore, redattore e giornalista che incontra circa settemila studenti all’anno in giro per l’Italia per parlare del bullismo. Premette che di solito siano l’avvocato, lo psicologo, il sociologo o il poliziotto postale a discutere di questo tema così delicato. Tutti con prospettive diverse, mirate a coglierne un aspetto in particolare, come le coordinate legislative o le cause e le conseguenze emotive. Lui invece, che di professione fa lo scrittore, sceglie di affrontare l’argomento soffermandosi sulle parole e – come si diceva – sulla loro importanza. La parola del resto, sottolinea Mecenero, è l’unica forma d’arte che oltre a emozionare regala l’opportunità alle persone di riflettere, meditare e magari migliorarsi. “Il potere della parola è un potere da supereroi” afferma lo scrittore.

Per questo la prima informazione regalata ai presenti è l’etimologia della parola bullismo che contiene in sé il termine inglese “bull”, ossia “toro”. Quello stesso animale solitamente disegnato con un grosso torace pieno d’aria, “terribilmente vicino al cuore” aggiunge Mecenero, che si infervora e sbuffa dalle narici. Una scelta metaforica non casuale se si considera che il bullo, esattamente come il toro, è solito darsi delle arie e agire trasportato da irruenti emozioni. Stati d’animo spiacevoli che non sa esprimere e a cui non sa dare un nome. Così il bullo cessa di essere padrone di se stesso. Purtroppo “un’emozione senza nome resta un fantasma senza volto”.

Da sinistra verso destra Carmine Savella, Mimmo De Cicco, il Mister della Scuola Calcio ASD Football Pomigliano, Don Aniello Manganiello, alcuni ragazzi della Scuola Calcio e lo scrittore Diego Mecenero.

Diego parla in piedi, accompagnando il discorso con una gestualità vivace, sketches, slides e battute simpatiche. Non annoia, non stanca, non scade nella retorica e analizza il fenomeno del bullismo mettendone in evidenza alcuni aspetti in particolare per riconoscerne i casi. In primis lo scrittore specifica che per parlare di vero bullismo gli episodi di violenza, fisica o psicologica, debbano perpetuarsi nel tempo. Una singola vicenda di aggressione, sebbene in egual modo riprovevole, non è riconducibile alla voce “bullismo” se non seguono purtroppo altri infelici aneddoti simili.

In secondo luogo, sempre per discutere veramente di bullismo, la vittima deve essere nelle condizioni emotive di non poter o non voler reagire per paura o rassegnazione. Il ragazzetto più scorretto del mondo non può essere etichettato ‘bullo’ se il compagno contro cui si accanisce trova ancora la forza di reagire alle sue provocazioni. Purtroppo “il bullismo fa appassire la vittima come un fiore, gli toglie la voglia di vivere e di affrontare la quotidianità della scuola e delle esperienze con i coetanei” spiega Mecenero. E la cosa peggiore, osserva, è che ancora oggi nella società si registra la desolante tendenza a considerare la vittima come una personalità debole e a sottovalutare il ruolo giocato dal gruppo nelle dinamiche del bullismo. Come se il fenomeno riguardasse unicamente bullo e vittima.

Ancora troppo poco diffusa è anche la consapevolezza della gravità di certi comportamenti. A differenza del furto di un cellulare o anche solo del righello a scuola, la cattiveria spesso subdola del bullismo non viene riconosciuta da tutti come un atteggiamento assolutamente scorretto a cui porre fine. Nella dimensione digitale del cyberbullismo addirittura la meschinità viene promossa come motivo di unione da condividere fra i ragazzi “per essere amici”.

Allora quali sono le strategie di soluzione offerte dallo Smontabulli? Si resta con i piedi per terra nella consapevolezza da un lato di non poter risolvere il problema con uno schiocco di dita e la certezza, allo stesso tempo, dall’altro di non poterci arrendere. Allora l’invito più sincero e forte lanciato ai ragazzi dallo scrittore è stato quello di parlare. Parlare, raccontare, denunciare senza timore i propri mali, le proprie difficoltà, i soprusi e le ingiustizie subite. Parlare dimenticando i genitori inetti proposti dalla tv, da Papà Pig a Homer Simpson, spiega Mecenero, per tornare a dar fiducia agli adulti.

A sinistra Mimmo De Cicco e a destra Gaetano Pugliese del Centro Giorgio La Pira.

I giovani del resto sono pieni di buoni propositi. Lo hanno dimostrato agli eventi i ragazzi che sono intervenuti raccontando con coraggio le proprio esperienze e proponendo esempi creativi. Si pensi a Carmine Savella, un giovane studente dell’I.T.I. E. Barsanti di Pomigliano d’Arco, che ha scritto con un altro giovane, Marco Indolino, una sentita canzone sul tema intitolata “Another… boy” presentata nel corso della serata.

I giovani necessitano soltanto di chi li guidi, di chi sproni loro a vivere nella coerenza e nell’insegnamento dell’amore, inseguendo “le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore” scrive Gaetano Pugliese, il presidente del Centro G. La Pira, rivolgendosi ai ragazzi dopo tanti anni di esperienza in mezzo a loro.

In foto Don Aniello Manganiello intervenuto durante la prima presentazione del pomeriggio.

“Bisogna tornare a fare comunità” ingiunge deciso Don Aniello Manganiello, noto prete impegnato per tanti anni nella lotta contro la camorra a Scampia, anche lui presente nell’incontro delle 16:00. Un tempo era considerato normale che un monello venisse rimproverato anche da un vicino, ricorda. La comunità si sforzava di indicare all’unisono i limiti entro cui era lecito scherzare o meno. Come accade per le vittime delle organizzazioni criminali, è l’unione che fa la forza per uscire dal tunnel. Recuperando l’ideale della comunità come agenzia educativa e i valori dell’incontro con l’altro, del confronto e del dialogo, abbattere il bullismo è possibile. Deve esserlo perché non ci si può abbandonare alla sfiducia e allo sconforto. Un domani migliore ci sarà solo se non si getta la spugna e ci si impegna con speranza e tanta audacia.

Di Valentina Mazzella 

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