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Letizia Battaglia- la fotoreporter che raccontava il male attraverso la bellezza.

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La morte? Non la considero, le mie foto resteranno dopo di me!
Rispose proprio così l’indimenticabile Letizia Battaglia, che ci ha lasciato proprio ieri, quando le venne chiesto cosa ne pensasse della morte, ed in effetti è proprio vero. Abbiamo avuto il privilegio, proprio in questo momento, di essere divenuti eredi della visione di mondo e dell’anima e della passione di questa grande artista, anche se così non amava definirsi. Letizia Battaglia, fotoreporter italiana, è stata spesso indicata come fotografa di mafia anche se preferiva di gran lunga essere definita come fotografa contro la mafia. Decise di iniziare ad immortalare i morti ammazzati, ma anche le mogli e i parenti delle vittime, la loro disperazione, gli scenari delle stragi. Nei suoi scatti ci sono anche i boss nei maxiprocessi e i giudici che li hanno fronteggiati senza paura, come Giovanni Falcone mentre raccoglieva le rivelazioni di Tommaso Buscetta. Ma tra i tanti scatti di Letizia Battaglia ce n’è uno che più di altri ha consegnato alla storia la drammaticità di quegli anni di profonda violenza e di terrore, si tratta dello scatto che riprende Sergio Mattarella intento a soccorrere il fratello Piersanti abbattuto dai sicari della mafia.

In più di un’occasione la signora Battaglia si è ritrovata a dover rispondere allo stesso quesito: “Si può arrivare ad innamorarsi del male e della miseria? A lei è successo? Con la sua immensa autenticità la Battaglia tendeva a rispondere: “ Non ci si può innamorare del male, le mie foto non esaltano il male, lo raccontano attraverso la bellezza.” È possibile comprendere, dunque, che dietro la macchina fotografica vi è una donna di gran temperamento, certa e fiera del proprio punto di vista e delle proprie capacità. Una donna che è dovuta scappare dalla sua amata Palermo per ottenere le proprie rivincite ma soprattutto per essere completamente padrona della propria libertà, assaporata di rado nella sua città. Per farlo si è dovuta sposare a 16 anni, capendo successivamente di non voler essere semplicemente una brava madre e una moglie ubbidiente. Il suo matrimonio, infatti, sfocerà in una separazione in un periodo in cui era debolmente accettata. Importante, però, è non ridurre l’impegno e la carriera di tale artista soltanto al tema della mafia; infatti con i suoi scatti- rigorosamente in bianco e nero- oltre a rappresentare l’epoca segnata dagli orrori della mafia ha dato maggior eco alle lotte in favore dei diritti per le donne in continua battaglia con una società prettamente maschilista che le voleva eternamente giovani, belle e sottomesse. Letizia Battaglia , di fatto, ripeteva spesso che i suoi soggetti preferiti erano sempre state donne e bambine, soprattutto quelle povere che vedeva per le strade più disastrate della sua città e con cui in più occasioni disse di immedesimarsi e sentire un senso di complicità.

È necessario e doveroso imprimere nella nostra memoria la signora Battaglia, non solo in quanto artista ma soprattutto in quanto donna coraggiosa che ha tramandato il culto di aver cura della propria libertà e di non darla mai per scontata. Una donna che ha fatto delle proprie sconfitte la propria forza, che ha trasmesso mediante le sue foto che anche la disperazione e la cattiva sorte sono bellezza. Colei che ci ha spiegato che in fondo anche il luogo che più di tutti ci fa sentire in gabbia, se guardato da un nuovo punto di vista, può apparirci come una casa accogliente; come è stata per lei la sua Palermo della quale disse: “L’amo al punto che se dovesse sparire la piangerei come la più cara delle persone perdute”.

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