Con i DdL 226 2048 e il 2128 6 l’11esima Commissione permanente (Lavoro, Previdenza Sociale) al Senato, si propone di integrare quanto previsto dalla legge 104/92 riconoscendo e valorizzando in un’ottica di rinnovamento i caregiver familiari “per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili”. Nel DdL 2128 si legge che la qualifica di cagiver è riconosciuta a coloro che, in ambito domestico, si prendono cura volontariamente e gratuitamente di un familiare o di un affine entro il secondo grado ovvero di un minore dato in affidamento convivente e che, a causa di malattia, infermità o disabilità, è riconosciuto invalido civile al 100 %. E che, quindi, necessitano di assistenza continua per almeno 54 ore settimanali. La “qualifica” di non può comunque essere riconosciuta a più di un familiare per l’assistenza alla stessa persona. Ai caregiver familiari è riconosciuta la copertura di contributi figurativi, equiparati a quelli da lavoro domestico, a carico dello Stato per il periodo di lavoro di assistenza e cura effettivamente svolto in costanza di convivenza, a decorrere dal momento del riconoscimento di handicap grave del familiare assistito. Tali contributi si sommano a quelli eventualmente già versati per attività lavorative, al fine di consentire l’accesso al pensionamento anticipato al maturare dei trenta anni di contributi totali. Ai caregiver familiari sono riconosciute le tutele previste per le malattie professionali e per le tecnopatie oltre che la copertura assicurativa a carico dello Stato con rimborso delle spese sostenute per la vacanza assistenziale nei periodi di impossibilità di prestare il lavoro e di malattia o infermità certificati. Inoltre, una delle proposte di legge, contempla l’equipararazione del caregiver familiare ai soggetti che beneficiano delle tutele di cui alla legge numero 68/1999 ai fini del riconoscimento del diritto al lavoro. Infine,ai fini delle imposte sui redditi, al caregiver familiare è riconosciuto il beneficio della detraibilità dal reddito ovvero del credito d’imposta relativamente al 50% delle spese sostenute per la cura del proprio assistito fino ad un importo massimo di 1.000 euro annui. Il ddl prevede,inoltre, delle agevolazioni fiscali per chi assiste il parente o affine entro il terzo grado con età uguale o superiore agli ottanta anni convivente da almeno sei mesi purché non titolare di reddito ovvero possessore di una situazione economica corrispondente a un valore dell’ISEE non superiore a 25.000 euro annui. Il soggetto che presta assistenza avrà diritto alla detrazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche pari al 19% delle spese sostenute per l’assistenza fino a un tetto massimo di 10.000 euro annui, in aggiunta alle altre detrazioni di cui eventualmente beneficia per altro motivo, a titolo di rimborso spese. Se colui che svolge questa assistenza non è titolare di reddito ovvero è incapiente parzialmente o totalmente, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è tenuto a corrispondere una somma a titolo di rimborso spese non superiore a 1.900 euro annui.Inoltre coloro che siano lavoratori dipendenti possono richiedere al datore la trasformazione reversibile del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale in misura non superiore al 50 per cento, per un periodo massimo di due anni.
di Giuseppe Musto