Insorge il mondo agricolo contro la nuova definizione di “rifiuto urbano” contenuta nel decreto legislativo n.116 del 2020, in vigore dal 1 gennaio 2021. Il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini, definisce “illogico” il trattamento riservato dal legislatore alle aziende agricole, in particolare agli agriturismo, alle cantine e alle attività di vendita diretta di prodotti agricoli, che sono per altro le categorie più colpite dalla crisi pandemica.
“È inaccettabile – dice il numero uno di Confagricoltura Emilia-Romagna – che la bottiglia smaltita da una azienda del vino sia equiparata a rifiuto speciale o che i rifiuti organici di un agriturismo debbano seguire un percorso di smaltimento ad hoc mentre quelli di un ristorante seguono la normale prassi stabilita per i rifiuti urbani. Queste incongruenze si traducono di fatto in un insostenibile aumento di costi, per noi agricoltori, nel pieno dell’epidemia da Covid“. Fa il punto il presidente Bonvicini: “La situazione normativa è poco chiara. Alcuni Comuni hanno già comunicato tramite Pec alle aziende agricole che siffatti rifiuti “speciali” non possono essere conferiti presso le isole ecologiche perché destinate soltanto alla raccolta dei rifiuti urbani. Tali amministrazioni sono in difficoltà nella definizione delle nuove metodologie di calcolo della Tari e, in assenza, o in carenza, di aziende specializzate che offrano a prezzi ragionevoli il servizio efficiente di raccolta dei rifiuti speciali ex-assimilati agli urbani. Chiediamo pertanto – conclude il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna – alle direzioni degli assessorati all’Agricoltura e all’Ambiente, nelle more di ulteriori chiarimenti da parte del Ministero della Transizione Ecologica, un incontro urgente al fine di poter gestire nell’immediato la situazione che si è venuta a creare sul territorio regionale“.