RECENSIONE – Era una grande sfida quella di provare a curare una serie-tv articolata in maniera così sofisticata quanto la quadrilogia dei romanzi de “L’amica geniale” di Elena Ferrante. Una scommessa vinta con un successo di ascolti internazionali per la direzione di Saverio Costanzo che ha prodotto gli episodi con RaiUno, HBO e la Timvision. Quella che racconta il profondo rapporto fra le due protagoniste, Elena e Lila, è una storia di un’altra epoca che sonda senza remore una varietà di argomenti: la complessità di un’amicizia al femminile, la criticità della miseria e di una stagnante stratificazione sociale, la condizione della donna ridotta a oggetto e la sua lotta per l’emancipazione, la profondità psicologica e l’impotenza di certi drammi, lo scontro fra delle ideologie politiche, la criminalità, gli abusi sessuali, i matrimoni combinati di un tempo, l’omertà e tanto altro ancora.
La fotografia è meravigliosa e suggestiva. Le scenografie ricostruite egregiamente, le location all’aperto sono state scelte con gusto. I costumi, il trucco e il parrucco sono stati rifiniti nel dettaglio. La regia e il montaggio realizzati in maniera notevole. Anche la selezione del cast è stata eseguita in modo che gli attori rispecchiassero a perfezione i personaggi letterari. La scrittura dei dialoghi è a effetto. Sembra tutto impeccabile in questa serie-tv, anche la recitazione un po’ acerba di alcuni interpreti al primo ruolo davanti a una telecamera.
Protagonista indiscussa è sicuramente anche la città di Napoli con la sua lingua, i suoi panorami, le problematiche, gli usi, i costumi e le sue contraddizioni. Una Napoli del passato che non è banale scenario di sfondo. Primeggia nella storia quanto Elena e Lila che vediamo bambine e poi piccole donne. Grazie alle ottime performance di Elisa Del Genio e Margherita Mazzucco e di Ludovica Nasti e Gaia Girace, si vive per tutta questa prima stagione l’insicurezza, la passività, l’ammirazione e l’invidia di Elena nei confronti di Lila. Allo stesso tempo si resta rapiti dal genio magnetico e dall’audace forza di Lila che non scende a compromessi mai con nessuno. Ed episodio dopo episodio lo spettatore si convince che debba essere Lila la fantomatica amica geniale decantata dal titolo. E invece no. Il loro è un rapporto di amicizia fra due donne fatto di profondo amore, di stima, ma anche di tanta rivalità. Così il racconto dei loro amori e delle vicende umane dei vari personaggi del rione riescono a distrarre l’attenzione al punto giusto. Solo nell’ultimo episodio, quello che spiega le ali alla seconda stagione che attendiamo già con ansia, si comprende l’amara verità. In realtà l’amica geniale è Elena stessa perché solo con la cultura è possibile progredire. Senza l’istruzione e la cultura anche le migliori capacità possono essere sciupate e sprecate. Un messaggio educativo che mai fu più necessario ribadire come in questo periodo storico in cui si danno per scontati tutti i diritti, senza riconoscerne il giusto valore.
Pur amandola, Elena cresce invidiando Lila che a sua volta desidera segretamente solo ciò che Elena possiede: la possibilità di studiare. Lila non si piega mai di fronte a niente e a nessuno, ma è questa la sua debolezza. Per tutta la serie ripete che farà come decide lei, ma non è possibile. Con tono di sfida annuncia che lei alle scuole medie andrà lo stesso, che lei “il marchese” non lo avrà perché non lo vuole, che lei un libro lo pubblicherà anche senza il consenso della maestra, che lei realizzerà le scarpe che ha disegnato in una grande impresa anche senza l’aiuto di Rino, che lei Marcello Solara al suo matrimonio non lo vuole. E alla fine cosa ottiene? Niente di tutto ciò. Lila, almeno al termine di questa prima stagione, così affascinante e con l’atteggiamento vincente, di fatto fallisce in tutti i suoi propositi e raggiunge la realizzazione di alcuni suoi obiettivi solo grazie al sostegno degli uomini. Ed è forse proprio la maestra Spagnolo ad aprirci gli occhi su questa prospettiva. E noi, come Elena, comprendiamo alla fine che Lila avrebbe, sì, potuto lasciare il rione, ma non lo fa. Non basta andare dal parrucchiere o indossare qualche abito pulito per non far più parte delle plebe perché “non tutto quel che luccica è veramente oro”.
Di Valentina Mazzella