RECENSIONE – Pirandelliana. Una storia pirandelliana. Un film per chi ama la letteratura, per chi ama il teatro, per chi ama Luigi Pirandello. Davvero ottimo “La stranezza”, opera scritta e curata dalla regia di Roberto Andó che firma anche lo spettacolo teatrale “Ferito a morte”, in tournée per l’Italia proprio in questo periodo (ne abbiamo scritto qui https://www.napolisera.it/ferito-a-morte-dal-romanzo-di-raffaele-la-capria-al-teatro-mercadante-con-la-regia-di-roberto-ando/).
Luigi Pirandello (Toni Servillo) torna a Girgenti a causa di un lutto dopo il successo di Roma. Inizia a spiare le vicende di Sebastiano “Bastiano” Vella (Ficarra) e Onofrio “Nofrio” Principato (Picone). Si tratta di due agenti di pompe funebri che, appassionati di teatro, nel tempo libero scrivono e recitano con una piccola compagnia di dilettanti. Il drammaturgo siciliano trarrà dalle loro vite spunto per lavorare alla stesura della celebre opera “Sei personaggi in cerca d’autore” che sicuramente è tra le più celebri di Pirandello, assieme a “Uno, nessuno e centomila”, “Il fu Mattia Pascal” e “Novelle per un anno”.
Le interpretazioni del cast sono egregie. La prima parte del film è una commedia perfettamente sorretta da Ficarra e Picone. Battute ed espressioni strappano al pubblico diversi sorrisi. Eppure la trama non ha fondamento storico. Non si hanno testimonianze dell’esistenza della coppia di becchini. Ciononostante la loro presenza diventa nel film un espediente prezioso per raccontare il genio delirante di Luigi Pirandello, da sempre avanti con i tempi. Per riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, tra verità e menzogna, tra lucidità e sogno.
Nella seconda parte del film Pirandello cessa di essere un osservatore silenzioso ed emerge tutta la febbre visionaria dei suoi colloqui con i personaggi letterari, il suo rimuginare sui vari aspetti e tasselli malinconici della sua vita privata. La pellicola è ricca di riferimenti e omaggi alla produzione letteraria dello scrittore: caratteristica più che apprezzabile per tutti i lettori che amano Pirandello. La fotografia e i dialoghi evocano tutta la bellezza della Sicilia assolata. Allo stesso tempo le scene al chiuso – nella penombra dei camerini e del palco dietro al sipario – solleticano negli spettatori un nuovo desiderio di tornare al teatro.
Di Valentina Mazzella