Oltre ogni dubbio, l’oggetto più importante della collezione è il “Bastone di San Giuseppe sposo di Maria Vergine, che prodigiosamente fiorì nelle sue mani e che trasportato da Giuseppe da Arimatea in Inghilterra, e di là nell’anno 1712 in questa Capitale per opera del cavaliere Nicola Grimaldi, si venera nella Chiesa della Arciconfraternita di S. Giuseppe dell’opera di vestire gli ignudi”. Così troviamo indicato su una iscrizione a margine di una incisione che raffigura il bastone a grandezza naturale, incisione risalente al XIX secolo, ancora oggi conservata presso la fondazione dell’opera di San Giuseppe dei nudi, e che in maniera molto icastica sintetizza la storia di un oggetto sacro, una reliquia, che ha lasciato il suo segno apotropaico ovunque sia stata trasportata. Le fonti archivistiche ci permettono di ricostruire la storia del bastone partendo dall’Inghilterra, presso un convento di carmelitani della contea del Sussex. Qui esso veniva esposto al pubblico, già nel XIII secolo, in quanto manufatto sacro e cultuale, oggetto di collettiva venerazione. Come espresso dall’incisione precedentemente riportata, pare che sia stata la figura, anch’essa profondamente significativa, con una ierogenesi inevitabilmente complessa, di Giuseppe di Arimatea, divenuto santo e figura leggendaria già nel medioevo, a portare il bastone in Inghilterra. Non sappiamo con precisione quando questo passò ai carmelitani, ma ci è possibile ricostruire la sua storia più recente. I carmelitani persero la reliquia intorno ai primi anni del XIV secolo, quando un certo comandante Thompson, che aveva la direzione della contea del Sussex, la trafugò con l’uso della violenza. Da quel momento la reliquia smise di essere oggetto di venerazione collettiva per limitarsi alla proprietà e contemplazione di un ricco privato, per di più agente del potere temporale e non spirituale. In epoca successiva, sfortunatamente non esaustivamente documentata, il bastone fu trasportato a Londra presso la nobiliare famiglia Hampden, che mantenne la proprietà per diversi secoli. Sin dal medioevo il fenomeno della duplicazione delle reliquie, fatta soprattutto a scapito dei più deboli e ingenui, era incredibilmente diffuso. Eppure stando alle testimonianze, la nobildonna della famiglia Hampden, che custodiva la reliquia con elevata gelosia, pare non abbia mai messo in dubbio l’autenticità di tale oggetto, dal momento che esso aveva dato attivamente prova della sua sacralità un giorno in cui, per un incidente, venne appiccato un grande incendio, e l’unica stanza rimasta intoccata dalle fiamme fu proprio quella in cui si trovava il bastone( la sopravvivenza alle fiamme era una delle prove più efficaci per dimostrare l’autenticità di una reliquia). Ma la storia del bastone non si ferma qui, anzi è proprio a cavallo di questi anni che esso compie il suo importante viaggio che lo porterà dall’Inghilterra a Napoli. Fu Giuseppa Grimaldi, detto Nicolino, noto cantore evirato, a portare l’antica reliquia nella città partenopea. Alcune fonti bibliografiche attestano che esso fu una vera e proprio donazione fatta dalla regina Anna, verso cui la famiglia Hampden non poteva che ubbidire, grande stimatrice del cantore, dopo che ella ricevette, pare proprio per intermediazione dello stesso Grimaldi, la revoca della pena nei confronti del figlio, accusato di fellonia (ovvero, nel diritto feudale, il venir meno del patto stipulato). Quale sia la reale versione dei fatti, il bastone passa nelle mani di Nicolino nel 1712. È sotto la sua proprietà che il bastone, dopo secoli, torna a svolgere il suo ruolo di reliquia aperta alla contemplazione e venerazione del popolo. Grimaldi, infatti, lo portò nella sua dimora e permise la sua esposizione in diversi giorni festivi durante tutto l’anno. Prima di proseguire vale la pena fare qualche cenno proprio sulla figura di questo cantore. In età moderna i cantori evirati erano considerati delle vere star e questo garantiva loro fama, successo e ricchezze che pochi altri riuscivano a permettersi. Grimaldi, che ebbe anche le capacità di emergere e diventare uno dei più famosi nel suo campo, ricevette Il bastone proprio durante un suo soggiorno a Londra, che durò dal 1708 al 1712. Stando alle ricostruzioni e analisi storiche degli esperti del settore, le località più quotate, o potremmo dire quelle che soltanto i migliori potevano raggiungere, erano proprio Londra e Vienna. In poche parole, se si fosse riuscito a esibirsi in queste località, si sarebbe raggiunto l’apice della propria carriera artistica. Riusciamo a comprendere così, dopo questa piccola contestualizzazione, come fosse possibile che una regina donasse una reliquia a un cantore. Un lavoro del genere poi, all’epoca, come potremmo dire ancora oggi, viveva per il pubblico, e dunque curare la propria immagine pubblica era una delle principali prerogative. Forse Grimaldi, permettendo la vista del bastone a tutti indiscriminatamente, voleva ottenere apprezzamenti e supporto anche dagli strati più indigenti, e non solo dagli aristocratici. Tornando all’oggetto principale del nostro discorso, il bastone, esposto ogni anno il giorno di San Giuseppe (17 marzo) a partire dall’anno 1714, ottenne una quantità di visitatori enorme. Molti di questi, volendo ottenere una piccola parte del bastone a cui fare continuo appello, secondo il principio tipico del Religioso, ovvero che la parte vale per il tutto, toccando ripetutamente il bastone riuscivano persino staccare qualche scheggia da esso. Grimaldi si vide dunque costretto a mettere a sua custodia un maggiordomo da cui, ripetendo costantemente in accento spiccatamente veneto, di tenere riguardo verso la reliquia, nacque il famosissimo detto “non sfruculiare la Mazzarella di San Giuseppe”. Alla morte di Grimaldi nel 1732, scoppiarono, come prevedibile, numerose contese ereditarie (tra suo cognato Nicola Fago, grande compositore, a cui Grimaldi aveva lasciato i suoi beni e altri parenti). Nel 1782 il bastone trovò ospitalità presso il Convento dei carmelitani della concordia. Passò poi, con provvedimento notarile concordato da tutti gli eredi di Nicola Fago, presso l’arciconfraternita e Real Monte di San Giuseppe dell’opera di vestire i nudi nel 1794; il tutto si concluse con solenne cerimonia il 17 gennaio 1795 in cui il bastone venne definitivamente trasferito nella chiesa. Giunto all’arciconfraternita, il bastone ottenne un fondamentale ruolo nella principale attività compiuta dall’arciconfraternita, ovvero la vestizione dei nudi. La presenza della reliquia del santo conferì all’opera di misericordia maggior solennità di quanto non ne possedesse già prima.
Oggi il bastone è visibile presso l’arciconfraternita di san Giuseppe dei nudi, che aprirà il proprio museo il giorno 30 gennaio 2025, permettendo di ammirare, oltre alla sacra reliquia, tantissime altre opere della nostra storia.