Home Cinema “La La Land”: banale autocelebrazione hollywoodiana o indimenticabile aquilone?

“La La Land”: banale autocelebrazione hollywoodiana o indimenticabile aquilone?

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Locandina del film "La La Land".

RECENSIONE – C’è poco da discutere: “La La Land” è una brillante pellicola d’oro. Proclamato già a gran voce il film dell’anno, è un carismatico musical moderno che è riuscito ad affascinare anche i più avversi al genere. È un sublime omaggio al cinema nella concezione americana più artistica che ci sia. Nato da un accurato studio dei musical hollywoodiani degli anni ’50 e ’60, “La La Land” vive di una nostalgia poeticamente romantica.  Visivamente è un’esplosione di colori. Un gioiello confezionato a regola d’arte per far gioire gli occhi. Le atmosfere profumano di buonumore e ottimismo anche quando l’imprevisto increspa l’orizzonte.

In “La La Land” tutto è grandioso e magico. Tutto sembra un po’ baciato dalle stelle. Le scenografie e gli sfondi appaiono immensi e sconfinati per rappresentare l’estensione a perdita d’occhio di Los Angeles, infinita come le possibilità che la città degli angeli promette di offrire ai talentuosi folli e ai fortunati sognatori. Le musiche e le canzoni si annidano nelle teste e spingono a canticchiare. I deliziosi costumi si ispirano ai vestiti indossati da iconiche star del passato (da Ingrid Bergman a Audrey Hepburn) e propongono tinte in sintonia con gli stati d’animo dei personaggi nelle scene.

Le panoramiche in cinemascope sono maestose, i piani sequenza evocativi. La fotografia e i movimenti di macchina maestrali. I colori sono resi al meglio tramite la tecnica del technocolor. La regia di Damien Chazelle è in toto vorticosa e mirabolante.

Proliferano le citazioni dei più noti titoli di vecchia data: da “Cantando sotto la pioggia” (1952) a “Il palloncino rosso” (1956), da “Casablanca” (1942) a “Gioventù bruciata” (1955) e tanti altri ancora. Fra un poster e una piroetta, balli di tip tap e giravolte attorno ai lampioni, frizzanti coreografie e scenari deliranti, “La La Land” riesce sempre a strizzare in maniera sofisticata l’occhio al passato.

Coppia ben assortita quella degli attori Rayan Gosling ed Emma Stone nei ruoli dei protagonisti Sebastian e Mia. Lui per recitare in maniera credibile, senza controfigure o tagli, ha per l’occasione imparato a suonare il pianoforte. Perfetto nei panni dell’innamorato fedele fin dai tempi di “Le pagine della nostra vita” (2004). Lei è una bellezza sincera, finalmente non una bambolina eterea.

Anche limitandoci solo all’aspetto tecnico e a quello formale, non ci stupisce dunque che la produzione abbia già meritato ben 14 Nomination agli Accademy Awards, eguagliando il record storico di “Eva contro Eva” (1950) e “Titanic” (1997). Si attende intrepidi il 26 febbraio quando, nella serata degli Oscar, si scoprirà quante statuette “La La Land” riuscirà ad accaparrarsi. Nel frattempo non mancano tuttavia le polemiche di chi soffre l’orticaria nel sentirlo chiamare “capolavoro”, ne fraintende la sensibilità del sottostrato, ne dichiara banale e scialba la trama, ne ignora il retaggio culturale o spiega il successo della pellicola riconducendolo esclusivamente al narcisismo autocelebrativo degli Accademy Awards. Può darsi, ma ciò non nega, nel lasciare la sala, la sensazione provata da molti di aver appena assistito alla proiezione di un film irreprensibile, che con acume combina cliché tradizionali con la contemporaneità. Un futuro cult. Chissà. Solo il tempo rivelerà chi abbia avuto l’intuizione giusta.

(Seguono anticipazioni)

Chazelle opta per un’adrenalinica intro eccelsa che, a pensarci dopo, anticipa l’esito della storia che il film ci racconterà. La trama riflette sul complicato rapporto fra amore e successo. Lo scopo della pellicola non è però semplicemente raccontare la classica vicenda di due artisti alla ricerca del successo a Los Angeles o la storia romantica fra i protagonisti. La relazione fra Mia e Sebastian non è neanche un pretesto scarno per parlare di metacinema e metamusica. Musiche e immagini non cercano di distogliere l’attenzione dalla presunta povertà della sceneggiatura, come alcuni hanno criticato a cuor leggero. Niente di tutto questo. Il tema portante di “La La Land” è il sogno con le indelebili emozioni che ne ricaviamo.

“La La Land” è un’elegante, incantevole e irresistibile bolla di sapone. È semplice, eppure ammaliante. Stai lì a contemplarne la bellezza dell’immagine e della forma, le sfumature colorate, i riflessi di luci, la leggerezza con cui volteggia. Poi esplode, il sogno svanisce. Ma il ricordo della meravigliosa bolla rimane. Accade nella vita, nell’amore, al cinema. “La La Land” è un film che travolge, rapisce. Poi strappa il cuore allo spettatore attraverso lo schermo. La narrazione è un fiume in piena nella prima parte e diventa un po’ lenta nella seconda per esigenze di copione.

Se c’è una frase con cui si potrebbe descrivere il rapporto fra Mia e Sebastian è senz’altro una delle più sagge risposte date da Reth a Rossella O’Hara nel finale di “Via col vento”: “Abbiamo fatto di tutto per non capirci”. Ecco, Mia e Sebastian hanno fatto di tutto per non capirsi. Successo e amore sono compatibili e conciliabili quando si è disposti a scendere a compromessi, si è pronti al sacrificio. Non quando ci si abbandona ai propri egoismi.

La corsa per inseguire la fama è faticosa, come gli sforzi per realizzare le proprie ambizioni. Non da meno è però l’impegno per costruire un futuro con la persona che si ama. Fortuna che c’è la passione ad alimentare i cuori. Nel mentre così si vive già un sogno. È sempre un’esperienza struggente. Però poi a un tratto tutto finisce. Arrivano le delusioni o anche i sogni cambiano binario.

Subentra il finale del fim. Delicato, in punta di piedi. Irrimediabile. Non tutti i sogni dei protagonisti hanno possibilità nella realtà. E forse è vero quel che si dice: le donne sono più romantiche, ma proprio per questo si abbandonano più facilmente ai nuovi amori. Gli uomini, per un vero amore, soffrono per anni e possono non dimenticare mai. Si riaccendono le luci in sala. È scaduto il tempo del sogno del cinema. Il pubblico capisce: anche il suo sogno è esaurito. Con colori vivaci, balli allegri e canzoni scoppiettanti, Chazelle ci ha raccontato fino a quel momento una storia amara. Eppure c’è quell’ultimo sorriso di intesa fra i protagonisti che ci rassicura: è stato bello finché è durato. Anche un sogno non realizzato può lasciare una traccia indelebile positiva. Il ricordo della felicità con cui ci ha animati. Come in un verso del poeta Ritsos: “Ti si è rotto l’aquilone? Lo spago tienilo”. Era il pugno stretto attorno al filo a contare veramente.

Di Valentina Mazzella

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