Il Real monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’opera di vestire i nudi sorge, secondo la tradizione, nel 1740 quando un gruppo di tre nobili, Francesco Cerio, Nicola Antonio Pirro Carafa e Domenico Orsini, incontratisi per passare un pomeriggio di svago, precisamente avventurosa battuta di caccia, videro i loro programmi interrotti, forse provvidenzialmente, dall’imprevedibilità del cielo. Una torrenziale pioggia costrinse i tre a rifugiarsi e abbandonare i loro originari progetti. I tre però non demorsero e si sforzarono di cercare un modo per investire i fondi che avrebbero speso per il loro svago, in qualcosa di diverso. Proprio in quel momento incrociò la loro strada un pover’uomo vestito di stracci. Immediatamente i tre si prodigarono per vestire il povero bisognoso; questa azione provocò loro un senso di soddisfazione che nessuna attività mondana a confronto con una spirituale poteva donare. Fu così che unanimemente decisero di ripetere il gesto e fondare una congrega che avesse il diretto scopo di assistere i poveri bisognosi. L’arciconfraternita, come suggerisce il nome che successivamente avrebbe assunto, si dedicò alla terza delle sette opere di misericordia corporali, ovvero la vestizione degli ignudi. Per precisione storica bisogna aggiungere che la donazione non era rivolta verso qualsiasi tipo di povero, in accordo con quell’afflato pauperistico tipico del medioevo che nell’età moderna aveva perso tutta la sua forza, ma verso colui che, vergognoso della sua condizione, si rifiutava anche di mendicare. I tre nobili ottennero in principio il supporto dell’ordine dei Carmelitani, che fornirono loro la prima sede fisica della congrega che però, a seguito di diverse difficoltà, venne spostata nel 1743, trovando la sua sede definitiva nel suolo in cui sorgeva un ex Monastero agostiniano. L’edificio venne totalmente restaurato in poco tempo e aperto nel 1744. Nel 15 ottobre del 1745 la congregazione ottenne anche il beneplacito di papa Benedetto XIV, arrivato relativamente più tardi rispetto all’avallo regio di Carlo di Borbone, che si iscrisse anche tra i benefattori nel 1740. Nei primi anni la confraternita ebbe modesto successo, accogliendo tra le sue fila di benefattori circa sei nuove persone ogni anno; ma dal 1785 al 1816 il numero quadruplicò, portando la congrega a contare più di settecento persone tra nobili, sacerdoti, dottori e mercanti. Fondamentale fu anche il supporto della Corona, in particolare del sovrano Ferdinando IV e Maria Carolina. I confratelli si dedicavano alla terza opera di misericordia, e principalmente la funzione avveniva due volte l’anno, durante il Natale e nel giorno di San Giuseppe (si sarebbe poi ridotta solo a quest’ultimo giorno). Spesso il re e la sua corte partecipavano alla cerimonia di distribuzione delle vesti dei poveri, e la loro partecipazione non era meramente simbolica, ma pienamente attiva, come dimostrano le azioni della già citata Regina Maria Carolina che, non soltanto si fece nominare “Prima sorella e superiora perpetua”, ma assunse anche l’obbligo morale di donare ogni anno ben otto vesti di suo pugno. Nel 1849 anche papa Pio IX partecipò alla cerimonia, come attesta una lapide commemorativa ancora conservata nella chiesa. A ulteriore testimonianza della vicinanza di persone illustri (qualora non fosse ancora emersa l’importanza sociale e storica che tale congrega ha rivestito per diversi secoli) sono ancora conservati nell’edificio ritratti di Carlo di Borbone, di Ferdinando IV di Borbone, Ferdinando II di Borbone, papa Pio IX e moltissimi altri tra benefattori, sovrani e religiosi. A completare la collezione c’è poi il Bastone di San Giuseppe (noto nella tradizione popolare come “a Mazzarella di San Giuseppe”), donato all’arciconfraternita nel 1794 dagli eredi del celebre cantore Giuseppe Grimaldi, detto il Nicolino.
La chiesa, oltre a dedicarsi all’assistenza dei più poveri, celebrava anche numerose messe, spesso accompagnate dal maestoso suono dell’organo, strumento di prim’ordine all’interno della chiesa, suonato da illustri musicisti. Numerose sono le fonti negli archivi della chiesa che permettono di ricostruire, purtroppo in maniera non ancora del tutto esaustiva, le diverse personalità che hanno suonato nella chiesa. Emerge tra questi con preponderante protagonismo il nome di Giovanni Paisiello che, divenuto maestro di cappella straordinario nel 1801, scrisse per L’Arciconfraternita una messa da requiem che venne ripetutamente suonata in maniera esclusiva per tutto il secolo, fino ai primi anni del Novecento. L’attuale aspetto con cui la chiesa si mostra ai nostri occhi è il risultato di una delle ultime grandi ristrutturazioni, ovvero quella dell’anno 1888. Promossa dal confratello Luigi Angolia, furono compiute in quell’anno numerose operazioni di ristrutturazione che andarono dalla cupola, all’organo, alle pareti. Furono soprattutto quest’ultime a suggerire il bisogno di questi rifacimenti. Infatti, le vesti che durante le solenni cerimonie venivano date ai poveri, che erano solite essere appese alle pareti, dopo la reiterazione annuale di questo gesto, lasciato alla quasi totale noncuranza dell’ambiente per circa centocinquanta anni, avevano arrecato profondi danni all’intonaco. La ristrutturazione del 1888 fu anche occasione per promuovere un programma decorativo, operato dal prefetto della congregazione, il barone Luigi Angolia. Si trovò nell’arte di Gaetano D’agostino una soddisfacente risposta all’ esigenza, non meno importante, di arricchimento estetico della chiesa. Furono sue le decorazioni della volta, del sottopalco della cantoria (dove si può leggere, come in molti altri punti della chiesa, quello che divenne una sorta di motto della congregazione, “nudus eram et cooperuistis me”). Opera di Gaetano D’Agostino fu anche il dipinto dell’altare maggiore, che oggi però non si trova più lì (ma è ancora presente nella chiesa), e che è stato sostituito, non si sa bene quando, dall’opera di un altro importante artista dell’epoca, Achille Iovine.
Ancora oggi la Fondazione San Giuseppe dei Nudi con il suo attuale governo ha raccolto in pieno la missione lasciatagli dagli antichi confratelli, continuando a promuovere opere pie a livello cittadino, nazionale ed internazionale e conservando l’incredibile patrimonio artistico che nei secoli ha accumulato.
La volontà di conservare e promuovere la propria storia ha portato il governo della Fondazione a decidere di aprire un nuovo spazio espositivo all’interno dei locali del Complesso Monumentale di San Giuseppe dei Nudi, la cui inaugurazione avverrà giovedì 30 gennaio 2025 alle ore 16:30 presso l’ingresso di Via Mancinelli 19.