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“King Arthur – Il potere della spada”: quando l’azione spoglia il ciclo bretone

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RECENSIONE – Andiamo subito dritti al sodo: troppo spettacolare e troppo poco epico il “King Arthur – Il potere della spada” di Guy Ritchie. Davvero esigua è la poesia che si percepisce. Poco epico nel significato più autentico della parola: trasuda solo in minima parte l’essenza lirica del ciclo bretone.

Il regista ha dichiarato apertamente di essersi lasciato influenzare da “La morte di re Artù” di Thomas Malory. Era espressamente sua intenzione proporre una versione diversa dalla filmografia tradizionale che di solito deve molto di più a Goffredo di Monmouth e a Chrétien de Troyes.

Guy Ritchie annuncia inoltre che “King Arthur” è solo il primo capitolo di una saga cinematografica che si snoderà in sei film. La pellicola per il momento è stata proiettata in anteprima – in linguamadre con i sottotitoli in italiano – lo scorso lunedì in occasione del Napoli COMICON 2017 e uscirà nelle sale dall’11 maggio.

“King Arthur” gioca con ottimi effetti speciali e atmosfere a tratti un po’ dark. Gode di un lodevole montaggio dinamico e incalzante. Di un avventura classica e letteraria, Ritchie ha fatto un film d’azione. Non ce ne stupiamo se rammentiamo che si tratti della stessa regia di “Sherlock Holmes” del 2009 in cui il composto investigatore londinese anche era diventato una sorta di atleta dai riflessi e la prestanza fisica difficili da eguagliare. Apprezzabili le musiche di sottofondo che costituiscono forse l’unica componente con cui la produzione sembra aver cercato di compensare la scarsa epicità​ dell’opera.

Dunque ricapitoliamo: niente Merlino, niente Lancillotto, niente Morgana… Non è da escludere che questi celebri personaggi possano arrivare in ogni caso nei prossimi film. C’è però Excalibur se vi interessa. Mentre Àstrid Bergès-Frisbey, per quanto bellissima, non è abbastanza affascinante nei panni della mitologica Ginevra. E il fatto che in sala sette spettatori su dieci abbiano creduto che interpretasse Morgana la dice lunga non solo sulle lacune del pubblico in materia arturiana, ma soprattutto sull’intellegibilità della diegesi così come è stata confezionata.

In conclusione “King Arthur – Il potere della spada” è un film a cui va data una possibilità e che va valutato ricordando di inserirlo in un disegno più vasto che è quello di una saga ancora all’inizio. Purtroppo propone una narrazione piuttosto contorta che richiede molta attenzione. Non è assolutamente la pellicola adatta a chi cerca l’eco celtico della mitologia bretone, ma la si consiglia allo spettatore amante del genere d’azione e delle novità in chiave moderna.

Di Valentina Mazzella

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