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Il ventre di Napoli

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𝑩𝒆𝒏𝒗𝒆𝒏𝒖𝒕𝒊 𝒂𝒍 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 𝒂𝒑𝒑𝒖𝒏𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒊 “𝑵𝒂𝒑𝒐𝒍𝒊: 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂, 𝒂𝒏𝒆𝒅𝒅𝒐𝒕𝒊 𝒆 𝒄𝒖𝒓𝒊𝒐𝒔𝒊𝒕𝒂’”.

“Ascoltate quando una donna napoletana povera nomina i suoi figli, dice: “le creature” e lo dice con tanta dolcezza malinconica e con tanta materna pietà che vi pare di conoscere tutta acutamente l’intensità della miseria umana”. Gibus, Joannà, Sorel, Chiquita: questi erano gli pseudonimi di Matilde Serao, l’autrice del libro “Il ventre di Napoli” da cui ho ricavato la citazione.

L’espressione del titolo arrivò alla fantasia dell’autrice leggendo i libri di uno dei più famosi romanzieri francesi, Èmile Zola. Uno dei volumi era intitolato “Le Ventre de Paris”, pubblicato nel 1873.

L’ottima metafora per descrivere gli affanni intestinali dell’organo umano e i vicoli cupi e stretti di Napoli convinsero, ulteriormente, l’autrice a optare per questo titolo.

Matilde Serao nacque nel 1856 in Grecia dal papà Francesco, profugo napoletano e da Paolina Bonelly, di nazionalità greca, ma dopo appena cinque anni la famiglia si trasferì a Napoli.

Scrittrice e giornalista, nel 1892, insieme al marito Edoardo Scarfoglio, fondò i giornali “Il Mattino” e “Il Giorno”.

“Il ventre di Napoli” è un romanzo pubblicato da Matilde Serao nel 1884. L’opera narra delle orrende condizioni di vita della plebe napoletana. La Serao, molto vicina al popolo partenopeo, denuncia con una cronaca di tenerezza e di pietà l’inettitudine delle istituzioni. La scrittrice è critica, anche dopo lo sventramento dei vecchi quartieri da parte del governo De Pretis che, fondamentalmente, non pose rimedio alle reali miserie della città.

La sua denuncia, dopo un secolo di distanza, resta di singolare attualità. Tra le righe del romanzo sembra di scorgere le parole tristi e appassionate di un altro cultore di Napoli: “Napule è na’ carta sporca e nisciuno se ne importa” cantava recentemente Pino Daniele.

L’accorato appello della Serao, nell’ultima pagina del libro, si trasforma addirittura in preghiera: “Non abbandonate Napoli, presi dalla politica e dagli affari, non lasciate che agonizzi questo paese che tutti dobbiamo amare. Fra le belle città d’Italia, Napoli è la più gentilmente bella è la più profondamente buona.
Non la lasciate povera, sporca, ignorante, senza lavoro e senza soccorso, non distruggete, in lei, la poesia d’Italia”.

Matilde Serao morì a Napoli il 25 luglio 1927, al tavolo di lavoro, per un attacco cardiaco, all’età di 71 anni. Si trova sepolta al cimitero di Poggioreale.

Come di consueto, la rubrica interrompe le pubblicazioni per la pausa estiva e riprenderà il 7 settembre. Nell’augurarvi una felice estate, ringrazio tutti coloro che mi seguono.

Saluti cordiali,

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco.

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