NAPOLI – Le strade e finanche le gallerie delle metropolitane a Napoli sono tappezzate di pubblicità, ma a qualcuno può ugualmente essere sfuggito: il Teatro Stabile di Napoli riparte anche quest’anno con una nuova stagione di spettacoli 2017-2018. Più di venti titoli in scena sui palcoscenici del Teatro Mercadante e del San Ferdinando che vantano autori prestigiosi da Euripide a Eschilo, da Shakespeare a Goldoni e a Hugo, da Schiller a Lermontov o a Pirandello, da Viviani a Maugham, da Buzzati a Douglas-Home, da Liebrecht a Moscato a Santanelli, da Tolcachir a Massini e a Borrelli, da Pavolini a Cappuccio e a Piccolo. Diverse le offerte vantaggiose che accontentano tutte le tasche – soprattutto quelle degli studenti – consultabili sul sito. Per non dire che con certi abbonamenti, a fare un rapido calcolo matematico, si può tranquillamente dire che quasi regalino gli ingressi.
Ed é a questo punto che ci fermiamo a chiederci tuttavia quanti oggi vadano ancora al teatro? Al teatro vero, quello d’autore. Non solo agli spettacoli commerciali per far soldi che – per carità – hanno anch’essi una ragione per esistere. Poi rammentiamo il boom delle vendite che ci fu per Maradona al Teatro San Carlo e cadono le braccia. Eppure non sempre è stato così. Il teatro, di origini antichissime che affondano le radici nella lontana Grecia, ha per millenni goduto di ottima salute. Fatta eccezione per alcune spiacevoli parentesi – come la chiusura dei teatri inglesi per opera dei puritani, la censura fascista e simili – quella teatrale è sempre stata un’arte molto amata dal pubblico. Lo stesso cinema, prima di rubargli gli spettatori, inizialmente attinse molto dal teatro – Melies in testa. Invece oggi il teatro viene concettualmente associato a qualcosa di obsoleto, come i quotidiani cartacei che ormai in pochi ancora comprano.
Ma è davvero così? Non c’è più spazio per il teatro nel moderno mondo del XXI secolo? Non può essere. Non deve essere. E il Teatro Stabile di Napoli ce ne dà prova. Quando entri, prendi posto e le luci si spengono, vivi la magia. Anche al cinema c’è magia, ma non c’è per forza bisogno di fare paragoni. Non deve necessariamente essere una gara. Al teatro, seduto nella tua poltrona – in platea, in galleria o dietro a un pilastro che sia poco importa -, hai la consapevolezza di star guardando degli attori recitare dal vivo in carne e ossa e che ogni esibizione sia pertanto irripetibile. Si può valutare con cognizione di causa il talento di artisti che lavorano senza tagli, constatando magari anche con la loro capacità di improvvisazione. Si può apprezzare l’inventiva di scenografie suggestive nate dal nulla, le soluzioni sperimentali suggerite dalle regie più audaci e soprattutto confrontarsi con la propria fantasia perché a teatro, come nella lettura, il grosso lo fa lo spettatore con la propria immaginazione. Dato che non tutto è servito su un piatto d’argento come al cinema, non c’è ad esempio davvero bisogno di grandi navi e piscine per inscenare la battaglia di Azio di “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare. Basta poco e il mare è lì, incredibilmente lo vedi lo stesso. Questa è la magia del teatro dove l’occhio decide dove guardare, cosa vedere e il cuore cosa conservare quando le tende si chiudono, le luci si riaccendono e si battono le mani agli attori che vivono dei nostri applausi.
Di Valentina Mazzella