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“Il Maestro e Margherita” al Teatro Mercadante: il Bulgakov un po’ dark di Andrea Baracco

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RECENSIONE“Liberati dal maligno, gli uomini sono rimasti maligni” è l’avvilente citazione disfattista del “Faust” di Goethe che impera su una parete della scenografia dello spettacolo “Il Maestra e Margherita” in scena al Teatro Mercadante di Napoli fino a domenica 15 dicembre. Una rappresentazione densa, carica e passionale con una buona dose di estetica dark. La sceneggiatura di Letizia Russo ha dato vita a un adattamento notevole che in tre ore riesce a condensare la forza e la molteplicità di uno dei capolavori più eclettici della letteratura del Novecento, l’omonimo romanzo di Michail Bulgakov. L’esorbitante numero di ben 146 personaggi è stato opportunamente ridotto a una manciata di personaggi fondamentali interpretati egregiamente da un cast di eccellenza: Michele Riondino, Francesco Bonomo, Federica Rosellini, Giordano Agrusta, Carolina Balucani, Caterina Fiocchetti, Michele Nani, Alessandro Pezzali, Francesco Bolo Rossini, Diego Sepe Oskar Winiarski. Chi ha letto il libro sa che si tratti di una narrazione dotata di innumerevoli complessità e sottotrame.

È principalmente la storia dell’incontro di Satana con uno scrittore precipitato nella depressione a causa dell’infelice critica letteraria che dilania un’opera che ha scritto a proposito di Ponzio Pilato, del processo a Gesù e dei fatti immediatamente successivi alla crocifissione. Per tale sofferenza lo scrittore finisce in manicomio e si fa chiamare il Maestro. Nel frattempo Satana incontra altri personaggi come un poeta che il Maestro conoscerà in clinica e soprattutto Margherita, la donna dello stesso Maestro che non sa che lo scrittore sia stato internato e non rinuncia ad avere notizie dell’amante scomparso. Di fatto la storia è ambientata storicamente nel pieno regime sovietico che promuoveva l’ateismo di Stato. Tuttavia, per ovvie esigenze di copione, Letizia Russo rinuncia alla feroce critica politica di Bulgakov per focalizzare l’attenzione su altri aspetti.

Ecco allora che, sotto la sapiente regia di Andrea Baracco, il pubblico assiste alla struggente storia d’amore di Margherita e il Maestro. Ha modo di riflettere sugli innumerevoli temi più filosofici e storico-teologici, sui vari richiami ai Vangeli e sulla stessa natura umana che sembra protesa al bene, ma è forse marcia anche senza bisogno dello zampino di Satana. La scenografia grigia, i giochi di luce, i costumi e le musiche regalano perfettamente la sensazione di disagio asfissiante, angoscia e pietà che l’opera di Bulgakov ricostruisce pagina dopo pagina. Come Satana, “Il Maestro e Margherita” è una voce sibillina. Insinua il dubbio nella coscienza dello spettatore, forse rendendolo più umano. Ci si chiede cosa si sarebbe disposti a fare per raggiungere i propri obiettivi, fino a quale limite si sarebbe disposti a spingersi. Si torna a casa mettendo in discussione ogni certezza, le proprie verità e se stessi. Con meno sicurezze, ma di certo più ricchi.

Di Valentina Mazzella

Fotografia di Guido Mencari | www.gmencari.com

 

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