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“Gioacchino mettette ‘a legge e Gioacchino murette”

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I detti latini vecchi di duemila anni, usati ancora oggi, ci confermano che i proverbi sono la saggezza dei popoli. PiΓΉ di tutti gli aforismi del popolo napoletano vengono vissuti come un dogma di saggezza. Grazie alla filosofia partenopea, la vita, per quanto dolorosa, viene condotta con fiducia e speranza, senza il limite dell’abbattimento.

Il titolo di questo articolo si traduce letteralmente “Gioacchino emanΓ² la norma e Gioacchino fu ucciso”. Vuol significare che a essere troppo severi, ci si rimette di persona, come accadde a Gioacchino MuratΒ che fu condannato a morte per una legge da lui stesso emanata.

La legge prevedeva la condanna a morte per chi avesse messo a rischio il potere costituito. Due francesi si succedettero sul trono del Regno di Napoli: Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat. Quest’ultimo, cognato di Napoleone, regnΓ² a Napoli dal 1808 al 1815.

Dopo la sua esperienza napoletana, il Tribunale Militare considerΓ² che Murat fosse venuto nel regno a sobillare il popolo contro la legittima autoritΓ  e decise che, a causa di una legge da lui stesso emanata, egli dovesse essere punito con la morte. I suoi resti non sono mai stati trovati.

A perenne ricordo a Napoli rimane sulla facciata del Palazzo Reale la bella statua che lo rappresenta, opera di Giambattista Amendola. La grande veritΓ  che vuole trasmettere questo detto napoletano Γ¨ che “chi Γ¨ causa del suo mal, pianga se stesso”.

Saluti cordiali,
Pino Spera

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