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“Ferito a morte”, dal romanzo di Raffaele La Capria al Teatro Mercadante con la regia di Roberto Andó

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Foto di Lia Pasqualino, dal profilo ufficiale Instagram del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

RECENSIONE – Sul palcoscenico del Teatro Mercadante di Napoli una storia malinconica, corale e soprattutto evocativa. La nuova stagione teatrale ha ufficialmente aperto il sipario con “Ferito a morte”, uno spettacolo curato dalla regia di Roberto Andó. La rappresentazione è un omaggio a Raffaele La Capria, autore dell’omonimo romanzo che nel 1961 vinse il Premio Strega. Lo scrittore quest’anno avrebbe compiuto cent’anni, ma è venuto a mancare tre mesi prima del suo compleanno. Lo spettacolo era già in programma grazie al fascino che il libro esercitava ed esercita su Roberto Andó e su Emanuele Trevi che ha lavorato all’adattamento della sceneggiatura.

Sul palco l’eccellente lavoro di squadra di una compagnia composta da ben sedici attori. Il talento indiscusso di Andrea Renzi, nei panni del protagonista (Massimo da adulto), è affiancato da un cast di valore: l’energica Gea Martire (la signora De Luca), Sabatino Trombetta (il protagonista Massimo da giovane), una deliziosa Aurora Quattrocchi (la nonna), lo spassoso Giovanni Ladeno (Ninì), Marcello Romolo (zio Umberto), un meticoloso Paolo Cresta (Gaetano), Giancarlo Cosentino (il signore De Luca), la versatile Clio Cipolletta (Assuntina), un impeccabile Matteo Cecchi (Cocò), Laure Valentinelli (Carla) e poi ancora Paolo Mazzarelli (Sasà), Antonio Elia (Glauco), Rebecca Furfaro (Betty), Lorenzo Parrotto (Guidino) e Vincenzo Pasquariello (il cameriere).

Foto di Lia Pasqualino, dal profilo ufficiale Instagram del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

In scena al Mercadante già dal 19 ottobre fino a domenica 30, “Ferito a morte” andrà prossimamente in tournée a Modena (Teatro Storchi, 3 – 6 novembre 2022), a Torino (Teatro Carignano, 8 – 13 novembre 2022), a Perugia (Teatro Morlacchi, 16 – 20 novembre 2022), a Roma (Teatro Argentina, 10 – 15 gennaio 2023), a Milano (Teatro Strehler, 17-22 gennaio 2023), a Cesena (Teatro Bonci, 26 – 29 gennaio 2023) e a Genova (Teatro Ivo Chiesa, 8 – 11 febbraio 2023). Un’opportunità da non perdere per chi ha amato il libro da cui è tratto, ma anche per chi desidera scoprirne la trama con l’approccio suggestivo che solo il palco può regolare.

Le scenografie incantano il pubblico intrecciando magistralmente teatro e cinema. Proiezioni, coreografie e voce narrante riescono a immergere lo spettatore in un’atmosfera liquida e ovattata. Senza dubbio grazie anche a un brillante lavoro tecnico sul sonoro che spesso ha permesso ai presenti di percepire le voci dei personaggi come attraverso il timpano perforato dello stesso protagonista. Un orecchio ferito al mare, un udito danneggiato che allegoricamente rende Massimo sordo ai richiami di una realtà da cui ormai si sente distante. Gli eventi sono ambientati tra il 1946 e il 1954: la scelta delle musiche e dei costumi evocano degnamente lo charm elegante e brioso degli anni Cinquanta.

Foto di Lia Pasqualino, dal profilo ufficiale Instagram del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

La trama è semplice, intima, raccolta. La narrazione incalzante. L’io narrante del protagonista, Massimo, dal proscenio richiama alla mente un giorno della sua gioventù. Non un giorno qualsiasi. La vigilia della sua partenza da Napoli per Roma, dove avrebbe cambiato vita con un nuovo lavoro. Quello stesso dí Massimo, ancora ragazzo, ripercorreva nella memoria le ultime estati, le amicizie, l’amore per una fanciulla di nome Carla Boursier. Episodi, dinamiche e aneddoti sono un pretesto sfruttato da La Capria per descrivere la giovane borghesia napoletana, futura classe dirigente del meridione, che trascorre il tempo in ambienti chic come il Circolo nautico e il Bar Middleton. Napoletani che in realtà parlano “il napoletanese”, non il classico dialetto del popolo.

I dialoghi suonano come monologhi, come l’espressione di un flusso di coscienza. Cruciale nel romanzo e nello spettacolo la conversazione a tavola, durante il pranzo della domenica, a Palazzo Donn’Anna tra alcuni parenti di Massimo e Gaetano, il professore di suo fratello Ninì. Uno scambio prorompente di battute e osservazioni che soppesano Napoli in maniera minuziosa. La Napoli delle dualità, “quella bagnata dal mare e quella che il mare non bagna”. La Napoli “foresta vergine” laddove è complicato riuscire a districarsi. La Napoli da cui Massimo vuole scappare, da cui non vuole essere sopraffatto. La Napoli che è una città che “ti ferisce a morte o t’addormenta o tutt’e due le cose insieme”. 

Di Valentina Mazzella

 

 

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