Il magnate svizzero, patron dell’Eternit, condannato per omicidio colposo per le 392 morti di Casale Monferrato
Arriva la condanna per l’industriale svizzero Stephan Schmidheiny a 12 anni di reclusione per le morti legate all’amianto (il reato è stato derubricato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo). Questa la sentenza in Corte d’Assise di Novara del processo Eternit bis per la morte di 392 persone, vittime dell’esposizione all’amianto nello stabilimento di Casale Monferrato. Schmidheiny è stato condannato anche a pagare 50 milioni di euro di risarcimento al Comune di Casale, 30 milioni allo Stato italiano e centinaia di milioni ai familiari delle vittime.
“Una sentenza importante, – commenta in una nota Giovanni Sannino, presidente di MaiPiuAmianto – anche se meritava di più, dopo che l’imputato è sempre sfuggito alla giustizia per cavilli giuridici e per avvenuta prescrizione, come nel 2014 e poi ancora nel 2022 al processo di Napoli, stabilendo una odiosa differenza tra chi è morto prima o dopo la data che fa scattare la prescrizione. Parliamo di morti per mesotelioma per aver lavorato nella stessa fabbrica”. “La battaglia per il riconoscimento della dignità delle tante vittime e dei tanti superstiti – aggiunge Sannino – non conosce confini territoriali, coinvolge tutti i luoghi dove per anni la fabbrica della morte ha spezzato vite umane e devastato interi territori. Una storia che ha visto una solidarietà e una vicinanza tra i quattro stabilimenti di Casale, Reggio Emilia, Cavagnuolo, Bagnoli, mortificata da una giustizia “ingiusta” e dai silenzi delle Istituzioni.”.
“Anche qui a Napoli – ricorda Sannino – la sentenza scandalosa del 6 aprile 2022 che ha visto lo svizzero farla franca con una minima condanna a 3 anni e mezzo per il capo di imputazione per una sola delle 8 vittime e con la consueta prescrizione arrivata puntualmente per il declassamento da omicidio volontario a omicidio colposo, è stata vissuta nel silenzio assordante di Comune e Regione quasi a ritenere quel processo un fatto privato tra vittime e carnefice. Eppure nel 2014 con la costituzione parte civile della Giunta Regionale guidata da Antonio Bassolino questo legame lo si affermò e fu importante anche il contributo della Giunta Comunale guidata da Rosa Russo Iervolino per recuperare in appello la condanna anche per il sito di Bagnoli (assolto in primo grado)”.
“Questa sentenza – conclude Sannino – può e deve essere l’occasione per dare una diversa conclusione alla vertenza giuridica/industriale, al crimine d’impresa compiuto, riaffermando le responsabilità dell’imprenditore che non ha avuto scrupoli nell’accumulare profitto sulla pelle di lavoratrici e lavoratori e delle loro famiglie, oltre che sul piano morale e umano, anche sul quello civilistico e sociale. Anche per attuare quanto necessario per bonificare il territorio regionale inquinata da tonnellate di amianto. Sarebbe significativo che Comune e Regione ascoltassero chi da anni sta portando avanti questa battaglia nonostante gli esiti processuali a dir poco discutibili. L’associazione MaiPiuAmianto, avvalendosi dell’assistenza dello Studio Di Celmo che segue la vicenda fin dalle prime battute, è disponibile ad un approfondimento e a condividere le determinazioni istituzionali in accoglienza della richiesta di riesame”.