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Erri De Luca: in attesa dell’ultima sentenza del prossimo 19 ottobre

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TORINO – Lunedì 19 ottobre il tribunale della procura di Torino attende Erri De Luca per l’ultimo processo in cui è coinvolto con l’accusa di istigazione a delinquere per aver dichiarato che “La Tav va sabotata” in un’intervista dell’Huffington Post del 1° settembre 2013. La precedente tappa di questa vicenda giuridica tanto chiacchierata ricordiamo risalire alle porte di questo autunno, appena lo scorso 21 settembre, quando per l’imputato sono stati richiesti ben otto mesi di reclusione.
Mesi fa lo scrittore napoletano si era già dichiarato disposto a fare il carcere, nel caso in cui venisse giudicato colpevole, e a pochi giorni dall’ultimo verdetto non si rimangia le parole. Ribadisce che, qualsiasi sarà la sentenza, non farà appello. Insomma, Erri De Luca non scende a compromessi. Non teme  la prigione perché la vecchiaia, scrive, è già una forma di reclusione. Respinge solo l’ingiustizia di un processo che lo giudica per aver espresso il proprio pensiero. Sottolinea il disinteresse alla faccenda e lo scarso coinvolgimento degli scrittori come lui quando di norma una “parola censurata” dovrebbe rappresentare una patata bollente per tutti, ma per chi scrive in primis. Racconta poi a chi lo intervista dell’affetto che gli è stato dimostrato da tanti altri in questa fase particolare, prima di tutto dai lettori. Un affetto che lo ha reso più forte, sostenendolo e aiutandolo a non sentirsi isolato. E poi afferma: “A questo punto la sentenza di lunedì mi è indifferente…”.

Nel blog “Fondazione Erri De Luca” si legge il post “La Musica si fa sentire” del 13 ottobre: Erri scrive di un evento musicale che si è tenuto a Roma pochi giorni prima. Afferma di esser stato colpito da una strofa della canzone “Contessa” di Paolo Pietrangeli che recita: ”Compagni dai campi e dalle officine/ prendete la falce, portate il martello/ scendete giù in piazza picchiate con quello”. Poi segue del sarcasmo amaro: “A nessun giudice venne in mente di istruire processo per evidente reato di istigazione. Perché la musica proteggeva quelle parole offrendole l’immunità dell’opera di ingegno. Perciò il mio torto è stato quello di non aver cantato: La Tav va sabotata”. Conclude il post scrivendo: “Qualunque sarà la sentenza del prossimo 19 ottobre 2015 non riuscirà a mettere a tacere né me né ognuno di quelli che hanno testimoniato in questi due anni per il diritto alle parole contrarie”.

E a noi resta il dilemma: si può essere veramente processati per la parola? Può uno scrittore, un intellettuale, essere messo sotto inchiesta per una dichiarazione? Eppure fino a pochissimo tempo fa eravamo un po’ tutti Charlie Hebdo. In fondo l’autore napoletano non ha tutti i torti.  “Per uno scrittore il reato di opinione è un onore” sostiene Erri ed effettivamente, se rispolveriamo un po’ le biografie dei letterati del passato, contiamo un bel po’ di personaggi che hanno potuto godere di questo vanto. Ma prendiamo in considerazione un caso diverso, quello emblematico del romanzo “I dolori del giovane Werther” che scatenò una tristissima moda di suicidi fra i giovani europei dell’epoca. Goethe non è mai stato processato per istigazione al suicidio. E ancora oggi in televisione, nei dibattiti sulla questione dell’immigrazione, c’è quotidianamente chi parla di usare delle ruspe contro gli stranieri e chi insulta ministri per il colore della pelle. Tuttavia nessun processo per istigazione alla violenza e alla persecuzione razziale. Erri De Luca, invece, è accusato di istigazione al sabotaggio terroristico sulla base dell’articolo 508 del codice penale per aver accennato a cesoia e arnesi con cui tagliare reti. Esempi che messi a confronto lasciano perplessi.

Qualcuno maligna sostenendo che, in caso di condanna, lo scrittore avrà solo da guadagnarci in termini di ulteriore notorietà. Folle di lettori si riuniscono per leggere a gran voce le sue opere. Il web impazza sull’onda dei numerosissimi #iostoconerri e con la raccolta di firme per petizioni a cui partecipano  avvocati e autori internazionali, ma spontaneo è chiedersi intanto quali siano le condizioni presenti e le prospettive future della protesta dei No Tav. Non se ne parla quasi più perché tutti i riflettori sono proiettati su De Luca che chiarisce di non essere un portavoce degli attivisti del movimento, ma semplicemente una cassa di risonanza per le loro  ragioni. In realtà la lotta continua, ma torna a essere degna di attenzione mediatica solo in caso di incidenti. Il silenzio dei giornali sarebbe, secondo lo scrittore, la dimostrazione del fatto che sia in corso una ‘disinformazione deliberata’. Indipendentemente dal verdetto del prossimo lunedì 19 ottobre, sembra che di questo passo a pianger delle conseguenze irreversibili sarà purtroppo soprattutto la povera Val di Susa.

di Valentina Mazzella

 

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