Napoli – Sergio Marchionne è morto questa mattina a Zurigo, lasciando un vuoto tangibile nelle aziende in cui nel corso degli ultimi anni ha dato tutto se stesso per riportarle ai fasti di un tempo.
Il vuoto non contempla in questo caso un riferimento puramente fisico, ma anche – se non soprattutto – dal punto di vista delle decisioni, a volte anche impopolari, che però hanno permesso a Fiat di risollevarsi e di evitare un baratro che sembrava ormai a un passo, un epilogo quasi inevitabile.
Quasi è la parola più adatta, perché il manager nativo di Chieti è riuscito nell’impresa di ribaltare una delle aziende più importanti d’Italia e a riportarla ai vertici. Non è un caso che John Elkann lo abbia ricordato in questi giorni con una breve quanto significativa frase: “Un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile”.
Sotto la sua guida, Fiat si è ripresa da un periodo terribile, è diventata internazionale grazie alla fusione con Chrysler ed è stata risanata nel corso degli anni, arrivando ad azzerare i debiti che, sino al suo arrivo, sembravano destinati a essere una costante dell’azienda di Torino.