Armine: “Sono più di una faccia, e alle ragazze dico di non omologarsi. Le persone sono spaventate da quello che è diverso. Non posso impedire loro di sparlare ma io posso ignorarle. Ci sono molti modi diversi di essere belli: consiglio di concentrarsi su di sé, su chi si è e su cosa si si ama davvero”.
Queste le parole di Armine Harutyunyan, 23 anni armena, il nuovo volto scelto dalla maison Gucci, per la collezione primavera estate 2020, nell’occhio del ciclone mediatico da due giorni perché non corrisponderebbe secondo i più ai canoni di bellezza classici. E sui social scoppia la polemica.
La bellezza della figura femminile è stata da sempre oggetto di grande attenzione, muovendosi tra requisiti oggettivi di simmetria e armonia mutati nel corso del tempo e margini di soggettività, che negli ultimi anni hanno guadagnato terreno, lasciando spazio a un concetto di bellezza dai confini meno nitidi.
Eppure in questi giorni abbiamo assistito a una vergognosa campagna di body shaming a danno della modella armena che Gucci ha riconosciuto come una delle 100 top piu’ sexy del mondo, attaccata duramente sui social.
E’ bastato veder apparire Armine sulle passerelle con la sua singolarità, che un esercito di donne, armato di parole taglienti e offensive, le si sono scagliate contro criticandola ferocemente per il suo aspetto. Forse perché si sono sentite inadeguate rispetto a una personalità tanto forte da non poter essere limitata nei confini di una bellezza stereotipata.
Le stesse donne che disapprovano l’inarrivabile perfezione delle modelle utilizzate dai principali brand, non hanno esitato a massacrare la modella per la sua bellezza anti convenzionale.
Tanto di cappello alla maison Gucci e ad Alessandro Michele, direttore creativo del brand, che ha fatto della diversità, dell’inclusione e dell’equità i propri cavalli di battaglia, comprendendo che la moda ha una funzione importante nell’anticipazione del cambiamento socio-culturale e che, sottolineando lo splendore e la ricchezza della diversità, si traccia la strada a un nuovo concetto di bellezza, più ampio e distante dai diktat dell’omologazione nella quale siamo ancora rinchiusi.
G.S.