Il presidente dei consorzi industriali: sfruttare 90 giorni di stop per negoziare con Trump
«Dopo settimane di tensioni commerciali, la pausa di 90 giorni annunciata da Donald Trump sull’inasprimento dei dazi somiglia a un armistizio. Ma guai a pensare che basti aspettare che passi la tempesta. Le imprese italiane, soprattutto quelle a forte vocazione esportatrice, non hanno bisogno di conforto ma di coordinamento».
Lo dice chiaramente Antonio Visconti, presidente della Ficei, la Federazione dei Consorzi Industriali: «Serve subito una cabina di regia a Palazzo Chigi. Un tavolo vero, operativo, con il premier, i ministri dell’Economia e del Made in Italy, le principali associazioni economiche. Dobbiamo anticipare le mosse, non subirle».
La richiesta è netta: «Se l’Italia vuole contare nel negoziato europeo sui dazi, deve farsi trovare pronta. Aspettare che Bruxelles decida per tutti senza rappresentare davvero la voce delle sue filiere produttive sarebbe un errore strategico. Il rischio è finire schiacciati tra logiche geopolitiche e interessi altrui, mentre le nostre aziende fanno i conti con l’incertezza dei mercati. La sospensione concessa da Trump non è un regalo: è una finestra. E le finestre, si sa, prima o poi si richiudono».
Visconti lo spiega con concretezza: «In queste tre settimane ho raccolto le preoccupazioni di numerosi di consorzi industriali. Tutti chiedono la stessa cosa: chiarezza. Il problema non è solo l’aumento dei costi, ma la mancanza di previsioni affidabili. Come si fa a programmare investimenti, se da un giorno all’altro cambiano le regole del commercio internazionale?». E aggiunge un punto cruciale: «Il governo deve parlare con le imprese, ascoltarle, portare le loro istanze in sede Ue. Non possiamo presentarci senza una strategia condivisa».
Il contesto lo impone: l’Italia è la seconda manifattura d’Europa, eppure spesso sembra arrivare tardi alle partite che contano. «Le guerre doganali non si vincono con i comunicati stampa, ma con proposte tecniche, interlocuzioni costanti, pressione diplomatica. Una “unità di crisi permanente” – come la definisce lo stesso presidente Ficei – sarebbe il primo passo per garantire rappresentanza reale agli attori produttivi. Non servono proclami. Occorre metodo. E soprattutto tempestività. Questa fase interlocutoria può diventare un trampolino o un boomerang. Dipende solo da noi».