Le strategie post Covid per immaginare il museo del futuro: servizi digitali evoluti e approccio manageriale
La crisi generata dalla pandemia, che ha sconvolto la vita sociale, economica e culturale dell’intero pianeta, ha svelato tutte le criticità strutturali dell’offerta museale del nostro Paese.
ll 16° Rapporto Annuale di Federculture, la più importante fonte di analisi del settore dei beni e delle attività culturali, restituisce una fotografia drammatica della situazione dell’intero comparto. Un’indagine tra gli associati stima perdite dal 40% al 60% dei ricavi e l’uscita dalla crisi, non è attesa a breve. Uno spiraglio potrebbe arrivare dal Fondo per la Cultura in arrivo nelle prossime settimane, che dovrebbe permettere alle singole realtà di rifiatare e guadagnare tempo per ristrutturare l’offerta, adeguandola alle nuove necessità.
Anche il 2021 si prevede come un anno difficile, con spostamenti limitati e presenze contingentate. “Occorre pensare a nuovi modelli di fruizione della cultura – sostiene Andrea Cancellato, presidente di Federculture – adottando una logica di prossimità, in grado di attrarre pubblico locale, con il coinvolgimento dei territori. Così i musei potranno rilanciarsi dopo la pandemia”.
Durante il periodo del primo lockdown, secondo dati Istat, su 460 musei statali e istituzioni similari, sono andati in fumo 78 milioni di ricavi, con 19 milioni di presenze di visitatori in meno. A dare il colpo di grazia, è stato il Dpcm del 3 novembre che ha nuovamente interdetto al pubblico mostre e musei.
Ora l’urgenza è arrivare a formulare nuovi modelli di business per rispondere alla sfida lanciata dalla crisi in atto. Bisogna ripensare i processi produttivi, rendendo fruibile l’offerta culturale attraverso nuovi format: dai progetti immersivi dei tour virtuali e della realta’ aumentata, agli eventi live trasmessi on line, alle produzioni tematiche ad hoc on demand. Questi i temi che saranno dibattuti dal 25 al 27 novembre a Ro.Me Museum Exhibition, la fiera internazionale sui musei, sui luoghi e le destinazioni culturali, trasmessa interamente in digitale. “Siamo non solo nel mezzo di una crisi – dice Andrea Billi, coordinatore di Ro.Me – ma davanti a un probabile cambio di paradigma, che necessita di visione e strumenti d’intervento innovativi, oltre che un salto in avanti dell’intero settore”.
Non si tratta solo di proporre un’offerta suppletiva per rispondere a un momento critico, ma di cogliere l’opportunità per accelerare l’adeguamento di un intero comparto alle nuove frontiere del digitale e alla managerializzazione dell’intero settore, adottando una logica industriale dell’offerta culturale che ricalchi il modello dei musei anglosassoni e francesi. Un cambiamento strutturale per l’intero comparto, in cui solo 11,5% dei musei, ha un catalogo di opere digitalizzate.
Non mancano eccezioni, come il MANN e il Madre di Napoli, la triennale di Milano e il Maxxi di Roma, realtà innovative in cui si coniugano servizi digitali evoluti con una gestione manageriale capace di cogliere e agire il cambiamento. Questa la direzione da seguire per immaginare il museo del futuro.