Nel disagio della modernità più terrori da medioevo: l’immagine culturale della donna e della femmina – afferma Battaglia La Terra Borgese -, che la società dei consumi e dell’emancipazione ha oggi disegnato e tracciato, combatte con millenni di valori e regole che da sempre hanno impostato la coniugazione in famiglia e le relazioni umane, e l’arte ne sa qualcosa
«Sì, la compagine familiare, l’intima unione, la stretta connessione tra coniugi basata sui ruoli e, in ultimo, dai suoni biblici, è adesso cosa altra, e forse, addirittura, non esiste più, in quel senso. Cambia la società, e la giusta emancipazione femminile, poi evoluta anche questa in parità di genere, sradica e toglie residenza a valori di riferimento che oggi non si capisce più quali debbano essere.
Una volta, millenni fa, i figli erano del clan, perché l’odierno concetto canonico di famiglia non esisteva assolutamente: la nozione di società era matriarcale, ciò perché si credeva che la femmina, di suo, Divinamente, procreasse. Poi, un bel dì, si scopre che la femmina resta incinta a seguito dei rapporti sessuali con i maschi, e cominciano le rogne! In coincidenza col nascere dell’agricoltura, l’uomo, da nomade a caccia di cibo, diventa sedentario, prende posto su un terreno e, delineandolo, lo occupa: nasce la proprietà esclusiva, o privata, come diciamo oggi. E la famiglia, già a quel tempo allargata, si pone il problema, o meglio è l’uomo, il maschio, a crearsi il problema: ho difeso il mio terreno, l’ho lavorato per decenni, e quando io non ci sarò più, deve restare a mio figlio. La fedeltà diviene dunque un problema conflittuale tra maschio e femmina, che si apprestano a divenire uomo e donna; perché se con i termini maschio/femmina si distingue il Sesso di due generi, dal latino “secare” che significa tagliare, separare, ciò che invece distinguerà l’uomo dalla donna in appresso sarà l’unione, che per le ragioni dette, si baserà sul possesso, sia quello dei beni materiali sia, perfino, quello del e della consorte.
Comincia la paura dalle e delle donne
Lo soccorreranno (l’uomo maschio) e ne approfitteranno le religioni, che, spacciatrici di etiche varie, imporranno la fedeltà della femmina (essa, da femmina, diventerà donna, signora e padrona in appresso, per altre ragioni di comodo) all’uomo, al maschio, a garanzia della proprietà e del lavoro svolto, affinché la produttività conforti il credo e viceversa, e, con esso, la superstizione e la dipendenza dal potere clericale, sacerdotale e confessionale. Nasce e specula la finanza e l’economia pubblica: patrimonio, reddito, credito.
Tuttavia non è questa una lezione di economia, o di conformismo servilistico; e nemmeno di quell’etica o teoria gender che propende a separare il sesso dal genere, così che nuove definizioni, nozioni e intendimenti, come Cisgender e Transgender, hanno preso piega e attualità sociale, politica, scientifica e normativa, e dato vita a concetti come Transessuale, Genderqueer, Genderfluid, Bigender, Agender,LGBTQIA+, e altre sei o sette decine di generi sessuali ancora. (Per inciso e provocazione: la neurologia dimostra ancora che il cervello è influenzato dal sesso di appartenenza?)
E la donna? Ricettacolo di peccato e di lussuria, discendente della tentatrice Eva alleata col serpente, in un tempo lungo sino ai nostri giorni 2025, diventa l’esponente per eccellenza della stregoneria, la strega, colei che riprende e attualizza l’alleanza e l’intesa col demonio, assume cioè la conoscenza e perciò la giusta indipendenza dal rude maschio, perché economia e finanza, nel proprio interesse, hanno, oggi, voluto e realizzato che così fosse, istituendo una sorta di “terribilità” del femminile.
E l’uomo? Di fronte ad una giusta proprietà privata femminile, di fronte al paradigma gender, di fronte alle inseminazioni artificiali, è spiazzato. E spiazzato è il suo ruolo e, peggio, egli non ha davanti a sé altri ruoli da dovere o volere conquistare nel senso delle cose che fin qui ci siamo raccontati. Ridotto a spermizzatoredisforico per il consumo altrui o altrei di spermatozoi, quasi l’uomo, ridotto a maschio, sembra volersi sbarazzare della femmina in quanto sesso e in quanto donna, divenutagli probabilmente ingombrante in una società dove lei, oggi come allora, può farsi madre e mamma senza un marito, e può giustamente produrre reddito senza dipendergli.
E giustamente? E i bambini? Giustamente non sappiamo più chi e cosa sono i nostri figli, perché non conoscendo come sarà la società del futuro non sappiamo come e per cosa doverli formare: il pensiero pedagogico e didattico è alla mercé dei nuovi padroni dell’economia, quella economia che produce magliette griffate in Bangladesh sfruttando barbaramente i bambini e i lavoratori adulti; dunque i genitori sono più confusi che persuasi: devo comprare la maglietta griffata al mio bambino per non farlo sentire da meno con i compagni di scuola? o devo educare il mio bambino alla coscienza e all’etica? Ma c’è un interrogativo ancora più drammatico che riguarda la coscienza e l’etica: posso farcela da solo in una società così maledettamente impostata?
C’è da osservare che in altre specie animali gli adulti sanno ancora cosa fare dei loro bambini. L’umanità sta forse degenerando la propria natura? incapace com’è di strutturare una società abdicata ai valori nuovi che gli sono stai imposti dalla moderna schiavitù di cui il Bangladesh è solo un esempio?
Preme sapere che l’arte figurativa non soltanto riproduce ed elabora il “reale”, vale a dire ciò che si percepisce con lo sguardo, o comunque presenta caratteri d’immediata verosimiglianza, ma anche l’immaginario e l’onirico, vale a dire ciò che vive nell’immaginazione o nel sogno e che è “irreale” in quanto non può esistere altro che in essi. L’immagine “irreale” può assumere un carattere frizzante o sospensivo: di eccitazione che gratifica, o che turba, invece, e provoca allarme, mentre l’effetto sospensivo e spaesante resta tra i due sentimenti, pur potendo partecipare più del piacevole e dell’evasivo (sospensione favolosa) o più dello “strano” e alienante. L’immagine “irreale” di natura gratificante è connessa all’annuncio di un bene, a una sorta di promessa, pertiene al sovrannaturale benefico e alla categoria del bello come “buono”; l’immagine preoccupante comporta la minaccia di un male e si apparenta al mostruoso e al malvagio, pur sortendo un effetto di piacere estetico attraverso i meccanismi del “sublime”. Nella civiltà cristiana, le due polarità emotive rinviano alle opposte sfere del paradisiaco e dell’infernale.
L’immaginazione “infera”, come la follia, ha un suo spazio franco nella visione medievale e umanistica; è repressa con l’organizzazione coercitiva dello Stato, che ammette solo l’ottimismo barocco; riesplode nell’età moderna, in forme di un immaginario ormai laico, che ben poco spazio concede alla speranza. È la difesa dall’aggressione mai andata a buon fine, come la donna nel mito».
paolo battaglia la terra borgese