di Giuseppe Musto
È ormai evidente il forte clima di intolleranza che da tempo sta imperversando nel nostro Paese insinuandosi nella cultura popolare ma anche nel cuore stesso di cittadini che da sempre si erano, invece, dichiarati aperti ed accoglienti.Intolleranza verso diversità di genere, intolleranza verso le persone con disabilità, intolleranza verso gli extracomunitari, ed ora intolleranza ed addirittura pregiudizio verso luoghi dello stesso territorio nazionale e verso gli stessi cittadini italiani. Parliamo del “caso Scampia” una zona dichiarata dalla guida “Italia del Sud e Isole (Easy Rough Guide)” edita da Feltrinelli come “l’entroterra partenopeo a nord del capoluogo poco attraente: una distesa di sobborghi poco entusiasmanti”. Come cittadini italiani, ma ancor di più come partenopei, siamo davvero sconcertati che sia stata permessa una pubblicazione tanto offensiva nei confronti di un territorio che purtroppo già fa fatica a crescere, dove gli abitanti hanno già la consapevolezza delle gravi problematiche presenti alle quali più volte anche la nostra testata ha portato alla ribalta ma sempre in modo costruttivo e per auspicarne la soluzione. La guida Feltrinelli, non conoscendo né realtà né fatti, ha voluto ulteriormente degradare e danneggiare la gente onesta che ci vive. Perché l’Italia deve sapere che il nostro territorio non è solo quanto indegnamente scrive, il nostro territorio ha dato luce ad eccellenze sportive mondiali come la famiglia Carrasco per arcieri, Maddaloni e Andreozzi per le arti marziali all’arci Scampia per il Calcio.
Sul nostro territorio ci sono giovani che giocano a calcio in serie A e un’associazione sportiva, quella del maestro Improta che ha portato atleti a medaglie europee. La storia, poi, ci narra che La zona a Nord di Napoli, un tempo assai fertile, fu abitata da Opici, Osci e Sanniti, come testimoniano i numerosi reperti archeologici, rinvenuti all’inizio di questo secolo, anche se probabilmente i primi abitanti di Piscinola furono i veterani romani, reduci dalle guerre puniche. A quell’epoca, verso il 326 a.C. Roma estese il suo dominio a Sud e colonizzò la Terra di Lavoro assegnando, appunto, l’ager publicus (vale a dire appezzamento di terreno pubblico) ai veterani, sia per coltivarlo, che per difenderlo con le armi, in caso di sommosse da parte delle popolazioni locali, di recente conquista. La colonizzazione fu lenta e solo verso il 100 a.C. si svilupparono i primi insediamenti stabili: chiamati “castrum” o “oppidium”. A questo periodo risalgono la maggior parte dei reperti archeologici, rinvenuti nel XX secolo, sotto le antiche masserie Filanda e Splendore o vicino alle masserie Fiore ed Epitaffio. Il ritrovamento di vasi, anfore, armi e numerosi oggetti di vita quotidiana, dimostrano la preesistenza nei luoghi anche di ville patrizie.
Si sarebbe dovuta esaltare la vocazione naturalistica di Chiaiano con il Parco delle colline (tutta la municipalità 60% del verde di tutta la città di Napoli) e la storia di Piscinola e Marianella con il suo teatro area Nord, Sant’Alfonso Maria dei Liguori oltre ad un personaggio importante come Enzo Avitabile, per non parlare, poi, delle tante persone che lavorano onestamente ogni giorno come in qualsiasi altro posto d’Italia: professionisti ,associazioni e comitati che lottano da anni per il riscatto di luoghi spesso dimenticati dalle istituzioni. Potremmo continuare all’infinito, ma preferiamo parafrasare il grande Marcello Mastroianni: “Io amerei vivere su un pianeta tutto napoletano, perché so che ci starei bene, Napoli va presa come una città unica, molto intelligente, Napoli è troppo speciale, quindi non la possono capire tutti”.