NAPOLI – “Occorre invertire la rotta che vede oggi l’Italia fanalino di coda nell’utilizzo dei Fondi europei” E’ necessario il corretto utilizzo dei fondi europei, diretti e indiretti, un’importante opportunità di crescita per la nostra economia, che spesso evidenzia delle inefficienze del sistema-Paese. Quelli indiretti, gestiti dalle regioni e dai ministeri descrivono un’articolata fotografia dell’efficienza e dei limiti delle pubbliche amministrazioni. L’insufficiente utilizzo dei fondi comunitari sono attribuibili alla farraginosità della burocrazia, all’incapacità di elaborare i progetti, alla corruzione”. Lo ha detto Vincenzo Moretta, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, presentando il forum “I finanziamenti europei diretti e indiretti” che si terrà lunedì 17 novembre 2018 alle ore nella sala conferenze dell’Odcec di Napoli (Piazza dei Martiri, 30)
“Per i Fondi Ue 2014-2020, la Campania ha il 4,7% nella quota di spesa effettuata per il programma operativo regionale. Le cifre arrivano dall’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulle economie regionali, elaborate su dati della Commissione europea”, sottolinea Liliana Speranza, consigliere delegato dell’Ordine partenopeo. “Per la Campania, attestano una dotazione di oltre 4,9 miliardi di euro, tra fondi Fesr, Fse e cofinanziamento nazionale. Le risorse dei fondi Por sono certificate al 30 settembre 2018 . Su tale ammontare, è di 72,4 milioni il costo dei progetti già avviati, o in fase di avvio. Invece, è del 4,7% il rapporto tra spesa effettuata e dotazione. Per trovare una performance inferiore, tra le regioni più arretrate, bisogna guardare alla Sicilia (0,8%). Decisamente meglio Puglia (9,7%), Calabria (9,2%) e Basilicata (8,7%). In Italia, la più virtuosa è l’Emilia Romagna (25,7%). La media nazionale – ha aggiunto il consigliere Speranza – è del 9,6% per il Por e dell’8,7% per il Pon. Insomma, i numeri della Campania sono tutt’altro che esaltanti”.
Secondo Concetta Riccio, consigliere delegato dell’Odcec Napoli “il sistema dei finanziamenti è stato pensato per sopperire, almeno in apparenza, al peccato originale che lacera l’Unione, la mancanza di un governo federale capace di predisporre un meccanismo di trasferimenti interni tra gli Stati. In realtà il risultato è stato che l’inadeguatezza del sistema di bilancio europeo e l’inidoneità a risolvere problematiche di asimmetrie strutturali tra le varie regioni europee da parte del sistema dei finanziamenti comunitari, sono state traslate a valle e attribuite”.
Il parlamentare europeo Andrea Cozzolino (nella foto), Vicepresidente della Commissione per lo sviluppo regionale a Strasburgo ha evidenziato che “secondo la Camera di commercio Belgo-Italiana il nostro paese è ai primi posti per numero di enti e imprese che beneficiano dei finanziamenti europei diretti. Nel 2016, i soggetti italiani sono stati 3.771 contro 3.797 inglesi, 3.726 tedeschi, 3.678 spagnoli e 3.293 francesi”.
“Se i dati nel loro insieme sono positivi – ha evidenziato Cozzolino – , un’analisi più approfondita fa emergere forti differenze tra le aree geografiche con una frattura marcata tra centronord e Mezzogiorno. Il 58,24 per cento delle imprese italiane che si sono aggiudicate un progetto o un appalto europeo ha la propria sede nel Nord Italia, il 30,02 per cento nel Centro e il 11,74 per cento nel Sud”.
“Ci sono enormi opportunità offerte dai fondi a gestione diretta, per la prima volta ad esempio i professionisti sono equiparati alle Pmi e possono quindi partecipare ai bandi diretti di cui ci sono parti riservate a loro, persistono problematiche relative alla formazione di personale specializzato. Per rendere queste opportunità concrete è necessario coltivare nuove figure professionali specializzate in europrogettazione, capaci di affrontare la complessità di un processo fatto di programmazione, progettazione, esecuzione e rendicontazione”.
Monica Palumbo, presidente della commissione di studio agevolazioni finanziarie nazionali e regionali ha reso noto che “le attività imprenditoriali possono beneficiare di finanziamenti pubblici usufruendo di risorse europee, di cofinanziamenti nazionali o di cofinanziamenti regionali. Le opportunità che vengono dall’Europa si suddividono in fondi diretti e fondi indiretti: i fondi diretti relativi a contributi erogati e gestiti direttamente dalla Commissione Europea attraverso le sue diverse Direzioni Generali (DG) (ricerca, trasporti, istruzione, ambiente, ecc.), o da Agenzie esecutive da essa delegate; i fondi indiretti, erogati dalla Commissione Europea ma gestiti dalle Autorità Nazionali o Regionali le quali distribuiscono i finanziamenti attraverso i bandi. Pertanto, le risorse vengono trasferite dalla Commissione agli Stati membri ed in particolare alle Regioni le quali, sulla base di una programmazione approvata dalla Commissione stessa, ne dispongono l’utilizzazione. Rientrano in tale categoria i Fondi strutturali (i. e. FESR, FSE, FEASR, FEAMP) e il Fondo di coesione”.
Francesca Ottier, responsabile del Fondo Italia Venture Ii (Fondo Imprese Sud), nel corso dell’incontro, illustrerà le caratteristiche del nuovo strumento di private equity lanciato recentemente da Invitalia e gestito da Invitalia Ventures SGR. Il Fondo, con una dotazione di 150 mln, ha l’obiettivo di supportare la crescita dimensionale delle Pmi del Mezzogiorno anche attraverso acquisizioni e/o aggregazioni. Oltre al capitale per lo sviluppo, il Fondo potrà apportare agli imprenditori le proprie competenze in tema di governance, finanza straordinaria, M&A, gestione del passaggio generazionale, contribuendo alla trasformazione più opportuna a supporto del percorso di crescita. Il Fondo, operando in co-investimento con operatori privati indipendenti, rappresenterà un volano per accrescere l’interesse dei Fondi di private equity sulle aziende eccellenti del Sud, dove la Campania rappresenta una delle Regioni a più elevata densità di potenziali aziende target.
“L’Italia è il secondo beneficiario dei Fondi strutturali UE, con uno stanziamento di oltre 40 miliardi a valere sul ciclo 2014/2020”, ha evidenziato Raffaele Lupacchini, presidente della commissione di studio ricerca e programmi comunitari e mediterraneo dell’Odcec Napoli. “A tali risorse si aggiungono i finanziamenti diretti, con programmi settoriali gestiti dalla Commissione Europea, che, rispetto ai primi, presentano sostanziali differenze. L’approccio ideale è rappresentato da un utilizzo sinergico dei fondi strutturali e di quelli settoriali: con questi ultimi è, infatti, possibile finanziare la definizione di nuove politiche, programmi e progetti, la cui concreta implementazione può trovare copertura attraverso i fondi strutturali. Un esempio è quello del Comune di Salerno che attraverso il programma Horizon dell’UE sta implementando modelli di riuso del patrimonio culturale i cui progetti saranno candidabili a successivo finanziamento pubblico e/o privato attraverso il PPP”.
“Nel 2016 il governo ha varato il Piano Industria 4.0, poi “Impresa 4.0” – ha detto Patrizio Carbone, membro del coordinamento scientifico della commissione di studio agevolazioni finanziarie nazionali e regionali -, confermato dall’attuale governo Conte per supportare la quarta rivoluzione industriale che porterà le aziende italiane a digitalizzare i processi produttivi. La Legge di Bilancio 2019 introduce modifiche al Piano Industria 4.0 che, in qualche modo, imprimono un cambiamento di rotta rispetto agli anni precedenti. Innanzitutto sparisce del tutto il superammortamento per l’acquisto di macchinari nuovi e si riduce l’iperammortamento. D’altro canto – ha aggiunto Carbone – rimangono invariate una pluralità di misure integrate e tra loro complementari in grado di favorire gli investimenti per l’innovazione e per la competitività. All’interno del Piano sono previste misure che ogni azienda può realizzare in modo automatico senza dover fare ricorso a strumenti lunghi e complicati (bandi o sportelli). L’Italia è un nitido esempio della disfunzionalità del sistema. Nonostante essa sia un Paese con una precaria situazione di bilancia dei pagamenti, rimane infatti un contributore netto al bilancio dell’Ue (dona molto più di quanto non le ritorni indietro sotto forma di fondi). Basti pensare che, nel settennio 2005-2011, il saldo netto negativo ammontava per l’Italia a 39,3 miliardi di euro. Cifre astronomiche andate letteralmente in fumo. Nell’Eurozona, l’Italia, (pur essendo al 12°-13° posto per PIL procapite) è il terzo maggior contribuente netto europeo, e contribuisce alla formazione del bilancio comunitario in misura pari a circa il 12% del totale (circa l’1% del proprio PIL). Morale della favola: l’Italia, in difficoltà economica, finisce per erogare fiumi di denaro che andranno a finanziare lo sviluppo di altri Paesi, mentre la propria situazione continuerà ad aggravarsi ulteriormente. Siamo a livelli parossistici di illogicità economica”.
All’incontro, moderato Giuseppe Tambone, vicepresidente della Commissione Ricerca e Programmi Comunitari – Mediterraneo dell’Odcec Napoli, interverranno anche Dante Amati, responsabile area grandi Investimenti Invitalia e Mario Mustilli, presidente di Sviluppo Campania S.p.A.