Napoli – Oggi per trovare un lavoro, qualsiasi lavoro che non si addica al proprio estro ma solo alla crisi che avanza, bisogna essere pronti a scrollarsi le etichette da dosso.A pettinarsi la mattina, ma i capelli è meglio non averceli proprio.
A farsi la barba e pregare Dio di poter lasciare un briciolo di pizzetto che ti riporti a immaginare quello che eri prima, davanti allo specchio, subito dopo una doccia gelata.
La mia riflessione del giorno è dedicata a tutti coloro che ci etichettano artisti durante un colloquio di lavoro e a chi ci guarda i capelli perchè i capelli non ce li ha.
A chi recrimina una buona dialettica perchè è solo il risultato quello che conta.
I capelli ingrifati, la barba in faccia, il non comprare un paio di scarpe da anni e avere la maglietta bucata sotto la giacca durante una serata in discoteca.
A loro dico che ho la barba dall’età di dieci anni, motivo per il quale apparivo vecchio alle scuole medie e non mi beccavo una ragazza.
Che mi rompo di uscire di casa per avere a che fare con i commessi che vogliono venderti a tutti i costi qualcosa.
E che se la maglietta è bucata, continuerà ad esserlo perchè mi piace il colore o perchè ci sono affezionato.
Tutti ci aggrappiamo ai significati che diamo alle cose materiali, siano esse maglia o paio di scarpe, perchè credo che solo le mutande vadano cambiate tutti i giorni.
Per il resto, posso indossare una camicia per apparire sgargiante e continuare a farlo la mattina dopo in pantaloncini.
Artisti non lo saremo mai, ma continueremo ad esserlo sempre per noi stessi.
Per i nostri genitori e forse per la ragazza che imparerà ad amarci.
Per loro saremo sempre i numeri uno. Senza bisogno di colloquio, In mutande e senza camicia perchè si ama e basta.
Siamo solo il risultato degli scritti, delle parole, di teorie e modi di fare altrui perchè altrimenti dovrebbero chiamarci geni.
Tutti abbastanza artisti per capire che oggi la gente ti giudica per quale immagine hai.
Perchè se parli con me, non c’è comico che mi faccia piangere dal ridere dopo Troisi. Se lo chiedi a mia madre, politico che faccia sognare dopo Berlinguer.
E così, non smetteremo mai di portare avanti le loro interpretazioni, continuando a parlarci tutte le notti nei nostri sogni più belli.
Senza mai smettere di mostrarci invincibili agli occhi di chi non ci ama per davvero, e fragili per chi invece continuerà ad amare per sempre la nostra maglietta bucata, conservata in un cassetto.
di Jacopo Menna