Cos’è la dignità? Cos’è la dignità umana? È una domanda che mi ossessiona da sempre e mi perplime come in tanti non se la pongano neanche di sfuggita. Quand’è che una persona non ha dignità? Una prostituta – classico esempio tirato in ballo – ha dignità? Un ladro e un disonesto sono senza dignità? E un bugiardo?
Sicuramente a tal proposito adesso sarebbe d’obbligo una breve lezioncina di filosofia che ripercorra l’evoluzione del concetto attraverso le epoche storiche, magari dallo Stoicismo a Immanuel Kant. Ed effettivamente potrebbe essere anche interessante approfondire come venisse concepita la dignità umana nell’Umanesimo, durante l’Illuminismo o dal Cristianesimo attraverso i secoli. Tuttavia non è questa l’occasione che sfrutteremo. Scriveremmo a lungo e il risultato sarebbe un pedante saggio dai contenuti reperibili altrove, magari anche spiegati meglio. In questa sede c’è solo il desiderio di condividere una riflessione pertinente alla quotidianità pragmatica del presente, relativa al “qui e ora”.
Che cos’è la dignità umana? Mi sono sempre risposta che per me la dignità è la coerenza dei propri comportamenti, la coerenza delle azioni e nelle scelte. La dignità è la fedeltà ai propri principi, ai propri ideali, al proprio sistema di valori. La dignità è il rispetto per il prossimo, per chi ci sta di fronte, per un altro essere umano. È il sentimento di umanità che sfida l’indifferenza e il menefreghismo. La dignità è l’onestà intellettuale, perlomeno la consapevolezza e l’ammissione di quando – per un motivo o per un altro – questa fedeltà può venire meno nella vita. In fondo l’essere umano è una creatura traditrice… E quando avviene il tradimento? La persona perde la dignità? Forse… Non tutto è bianco e nero nella vita. Spesso è tossica questa spasmodica esigenza di dover a tutti i costi tracciare linee e confini. Le circostanze contingenti possono essere tante… Penso a Galileo Galilei nell’opera di Brecht e cito: “Meglio avere le mani sporche che non le mani vuote”. È veramente così? “È meglio averle sporche e piene piuttosto che averle pulite e vuote”? Dipende. Brecht faceva riferimento al raccolto delle battaglie ideologiche. Ogni cosa va contestualizzata, si capisce. Ma in soldoni “avere dignità” spesso non significa unicamente non sbagliare mai. Non siamo automi e le contraddizioni sono una peculiarità della complessità umana. Tuttavia spesso basta anche solo banalmente il saper riconoscere con umiltà i propri errori. Si ha dignità soprattutto quando si dimostra di esser capaci di dire: “Ho commesso un errore. Lo riconosco”. E a quel punto si cessa di essere prigionieri di se stessi e/o di vari costrutti perché la dignità, come la verità, rende liberi.
Di Valentina Mazzella