Benvenuti al nuovo appuntamento della rubrica: “π΅πππππ ππππππ: ππππππ, ππππ π πππ π πππππππππ'”.
Quando si parla di briganti, si pensa subito a tutte le leggende che noi abbiamo sentito: al cappello a punta, ai delitti, alle grassazioni, a una persona che agisce senza scrupolo. I briganti non erano solo questo, ma c’erano renitenti alla leva, poveri contadini, ufficiali dell’esercito sconfitto, ex garibaldini e liberali che, delusi dall’ondata repressiva dei Savoia, speravano nel ritorno dei Borboni.
Il brigantaggio postunitario (1861) fu un fenomeno politico e sociale che vide migliaia di briganti tenere impegnato il neonato Regno d’Italia dal 1861 al 1870. Se ne venne a capo solo con l’impiego di centomila soldati e con l’eccessiva severitΓ di una legge (Pica) con la quale essi venivano condannati alla fucilazione o ai lavori forzati a vita.
Per citare Alexandre Dumas: “Il lazzaro non ha padrone, non ha leggi, Γ¨ al di fuori di tutte le esigenze sociali, si puΓ² dire innanzi a lui tutto ciΓ² che si vuole, purchΓ© non si parli male della Madonna e di San Gennaro”.
Il termine “lazzari” fu usato per la prima volta dagli spagnoli per indicare, in modo dispregiativo, i napoletani di piazza Mercato che parteciparono alla rivolta di Masaniello (1647).Β
Dopo un secolo e mezzo, i lazzari (nel frattempo, i giovani del ceto popolare di Napoli) furono i protagonisti nella difesa della cittΓ in occasione dell’attacco francese al Regno di Napoli (1799).
Le cause predisponenti del brigantaggio e del lazzaronismo erano numerose, ma la prima in assoluto era dovuta allo stato di estrema povertΓ .
Molti anni dopo, in tempi piΓΉ recenti, si iniziΓ² a delineare un’altra figura storica napoletana, il ragazzo di strada: lo scugnizzo.
Saluti cordiali,
Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco (NA).