Di Valentina Mazzella
RECENSIONE – Domenica si è conclusa la messa in scena al Teatro Mercadante di Napoli dell’opera “Salomè” di Oscar Wilde. Uno spettacolo a cui bisogna accostarsi tenendo a mente sia l’episodio biblico che la sceneggiatura di Wilde a cui il soggetto fa capo. La regia di Luca De Fusco riconferma come al solito di essere una garanzia vincente. Con maestria sceglie di valorizzare la storia e l’estetica dello spettacolo con giochi di luci, proiezioni e costumi che ricostruiscono una suggestiva ambientazione aliena, lunare.
L’interpretazione lodevole di Gaia Aprea regala al pubblico una Salomè seducente, smaniosa, criptica, folle e accattivante. Ciononostante a un certo punto la scena le viene rubata dal personaggio di Erode che Eros Pagni egregiamente ci mostra come un uomo incapace di imporsi. Dovrebbe essere un temibile sovrano autorevole, eppure appare a tratti buffo. Si ride di lui e si arriva finanche a provare compassione nei confronti suoi e delle sue paure.
La recita termina, gli applausi esplodono, le tende si chiudono, ma nello stomaco qualcosa resta in sospeso. Una sensazione. Non solo emozioni, ma forse anche qualche domanda. Un quesito sul discernimento fra bene e male secondo l’uomo e secondo Dio. Una epifania sull’amore egoista che crede di amare l’altro, ma in realtà ama solo se stesso.