Napoli – Sabato 17 giugno nei locali del circolo Darwin alla Galleria Umberto I di Napoli, si è tenuto dinanzi a un attento pubblico, un interessante convegno organizzato dal Collegio dei Maestri Venerabili di Campania e Basilicata del Grande Oriente d’Italia sul tema: Il testamento biologico tra scienza e etica.
Dopo gli indirizzi di saluto del dottor Lanza, M.V. della Loggia Capitolare I figli di Garibaldi 225, promotrice dell’evento, e del dott. Giovanni Esposito, Vice presidente del Collegio, coordinati dal moderatore, Avv. Vito Vinceslao, i lavori sono stati aperti dal Dott Ciro Caruso, anestesista rianimatore, dirigente di primo livello della ASL NA 1, il quale in un ampio, appassionato e puntuale intervento ha illustrato il ruolo del Medico in generale, e dello specialista in particolare, di fronte al tema del fine vita che non investe solo aspetti tecnici. Egli infatti ha fatto rilevare come il passaggio da un’assistenza paternalistica, che affidava al medico ogni decisione terapeutica, si sia passati, oggi, ad un’assistenza che richiede al medico una comunicazione umana più che tecnica, un “calarsi nel paziente” in tutta la sua complessità. Nella redazione di un piano terapeutico non basta – egli afferma – attenersi alle evidenze scientifiche e alle linee guida, ma è fondamentale la comunicazione medico-paziente (e famiglia) Il consenso informato al trattamento e alle procedure è divenuto di fatto un tempo di cura, con risvolti anche spesso risarcitori che ha portato all’affermarsi di una medicina difensiva. Nella sua relazione Caruso ha messo in evidenza soprattutto il complesso rapporto tra principi etico/deontologici, aspetti morali e norme giuridiche, che il progresso scientifico impone al medico. Egli conclude che è il principio del rispetto della dignità e della libertà della persona, quello che deve guidare il medico nel difficile percorso di accompagnamento nel fine vita anche in ragione della carenza di risorse finanziarie che pesa negativamente sulla possibilità di fruire di servizi sanitari capaci di garantire il diritto alla salute come nel caso delle cure palliative.
Prende quindi la parola l’avv. Maurizio De Tilla, Presidente dell’A.N.A.I e coordinatore del Comitato scienza e diritto della Fondazione Umberto Veronesi. Egli esprime il apprezzamento per la relazione del dott. Caruso perché ha messo in risalto come il progresso della scienza abbia posto con urgenza questo tema che di fatto è un tema di confine che investe ambiti diversi: religioso, bioetico, laico, per finire a quello giuridico. De Tilla, con il suo esaustivo esame in punta di diritto, ha proseguito affermando che allo stesso modo del consenso informato il testamento biologico, costituisce un diritto naturale e inalienabile dell’individuo poter sceglier di terminare la vita in modo dignitoso e libero. Sostenendo l’uguaglianza di valore dell’etica laica e di quella religiosa, afferma che una legge sulle disposizioni anticipate di trattamento dovrebbe solo servire a regolare tale diritto. Non può e non deve esistere, in conclusione, una legge di maggioranza che proibisca la libertà dell’individuo, perché dove non c’è pluralismo, non c’è democrazia. Il testamento biologico – egli sostiene – va scritto, poi consegnato a medico, avvocato o notaio; il medico deve applicare la volontà espressa, mitigando con il fiduciario nominato se cambiano le condizioni. Conclude affermando che ci troviamo di fronte a un tema “molto discusso e fortemente coinvolgente, che riguarda ciascuno di noi rispetto al quale nessuno si può ritenere estraneo”, e che, non può essere interpretato tecnicamente perché è umano; e “la dignità non è un elemento artificioso, ma è l’anima di una persona”.