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PASSA IL TEMPO MA TU NO

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insigne - mertens
Copyright di Fabio Sasso

Napoli – Il concetto insito nella frase “passa il tempo ma tu no” è stato espresso in diversi modi e con differenti combinazioni di parole in canzoni e film.

Sembra rievocare anche uno striscione comparso in passato per Diego Armando Maradona, napoletanizzato: “O tiempo passa, tu no!”.

La frase non ha però sempre una valenza positiva. O meglio se per “tu” si intende chi è esente da difetti, soddisfacente, desiderabile , allora è auspicabile che non cambi, che “non passi”.

Non invece se è perfettibile.

Come il Napoli.

Chiuso infatti il ciclo di amichevoli si può tracciare un bilancio, perché se è vero che i match di precampionato non contano nulla, è anche vero che qualche indicazione la danno.

Ebbene,  forse per la prima volta dall’inizio dell’era De Laurentiis, i tifosi hanno notato una continuità con la stagione 2016/17, continuità che non si sa se definire confortante o spaventosa.

Finora infatti, nelle sessioni estive di calciomercato, o si interveniva pesantemente sulla rosa o sull’allenatore e quindi sui sistemi di gioco.

Quest’anno no. Il Napoli ha iniziato come ha finito.

Indiscutibile il bel gioco, le sinergie, i movimenti coordinati e congiunti, il tiki-taka disarmante, la potenza e qualità offensiva.

Persistenti, tuttavia, i difetti che lo scorso campionato hanno fatto chiudere gli azzurri al terzo posto.

Innanzitutto, se il Napoli non è al cento per cento della forma o se trova squadre che si chiudono bene, non riesce a rendersi pericoloso, avendo come unico sbocco la fascia sinistra. Ma anche lì bisogna sperare che Insigni centri il tiro a giro o Hamsik la staffilata.

Il filtro a centrocampo, regolare nei primi tempi, viene a calare completamente nel secondo tempo, con il Napoli stanco e gli avversari più pericolosi.

Le disattenzioni e i limiti difensivi persistono, manifestatisi in ogni amichevole.

I calci d’angolo attivi e passivi sono un “neo”, mai insidiosi i primi, sempre pericolosi i secondi.

Oggettivamente l’unico cambiamento positivo il Napoli lo ha avuto a destra, con Ounas alternativa a Callejon. Il neo acquisto garantisce la superiorità numerica, avendo dalla sua la capacità di saltare l’uomo, la rapidità e l’assist filtrante.

Ma non basta.

Perché Sarri, intelligente e preparato, non lavora sulla testa dei difensori per ridurre le amnesie? Perché non suggerisce qualche volta di “buttare” la palla piuttosto che rischiare sempre il passaggio? Perché non studia soluzioni sui calci d’angolo?

E perché Giuntoli non prende un centrale rapido, visto l’attitudine alla difesa alta e la possibilità di rischiare contropiedi?  Perché non tentare un top player a centrocampo? E soprattutto perché non intervenire sull’esterno basso a destra, dove il titolare di ruolo e Hysaj, che “predilige” la fase difensiva, e l’alternativa è Maggio che ha ormai fatto il suo tempo?

Considerando che queste stesse domande erano valide anche a fine campionato scorso, l’interrogativo principe è, salvando l’acquisto di Ounas: cosa si è fatto in tre mesi?

di Mario Civitaquale

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