MILANO – Un’azienda su otto è collusa.Trapelano voci di corridoio sulle condizioni delle aziende e a rivelarlo sarebbero gli avvocati penalisti che curano gli affari legali delle suddette aziende. Il lavoro è compromesso dal fatto che almeno uno dei soci è pregiudicato e quindi si ha difficoltà a proseguire nelle attività svolte finora. L’Expò di Milano è divenuto il capro espiatorio alla lotta contro la mafia diffusasi lentamente, ma radicalmente nei territori del Nord. Dalle targhe clonate per mascherare i subappalti illegali ai legami familiari con i boss, i documenti riservati della prefettura di Milano mostrano come i clan abbiano preso il controllo delle ditte in apparenza “pulite”. Il quotidiano “Repubblica” ha potuto osservare alcuni documenti riservati ed ha tratto cinque episodi sufficienti a raccontare un “sistema”. Gli esempi più eclatanti sono dati da codeste vicende, l’impresa di costruzioni entrata nella White List delle aziende affidabili per i cantieri Expò che è finita out perché mandava sul cantiere della Tangenziale est esterna auto, camion e ruspe con le targhe clonate. L’espediente utilizzato era quello di apporre le proprie targhe autorizzate, su mezzi non autorizzati e guidati dai dipendenti delle aziende già cacciate. L’altro caso è relativo alla titolare di un’azienda, moglie di un detenuto esperto nel traffico internazionale di stupefacenti che aveva ugualmente le carte per la liberatoria antimafia o ancora un’altra azienda che assumeva operai provenienti solo da un piccolo paese in provincia di Crotone, il fatto in sé fa evincere il chiaro legame con la malavita del luogo.