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Femminicidio oggi: uno ogni tre giorni

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Nel dicembre 2012 l’Eures, in collaborazione con l’Ansa, ha pubblicato un’indagine sul fenomeno del femminicidio negli ultimi dodici anni (dal 2000 al 2011). Dai numeri emerge un crescendo del fenomeno negli ultimi anni (dal 2009 in poi) che raggiunge nel 2011 il record del 30,9% degli omicidi totali: un omicidio su tre è” rosa”. Tra i femminicidi censiti nel decennio in analisi, ben il 70,8%, cioè 1.459 casi, è avvenuto nell’ambito di relazioni familiari o affettive: praticamente sette donne su dieci vengono uccise in famiglia. Quasi la metà degli omicidi compiuti dagli ex avviene nel lasso di tempo dei primi tre mesi dopo la rottura della relazione. Ma in oltre cento casi l’omicidio è scaturito dalla sola intenzione di interrompere il legame. Secondo il dossier “l’abbandono è un tarlo”. Che si rinnova a fronte di nuovi eventi (nuovo partner della ex, formalizzazione legale della separazione, affidamento dei figli). La percentuale dei femminicidi scende all’11,8% tra i 90 e i 180 giorni dalla separazione, per risalire al 16,1% nella fascia temporale compresa tra 6 e 12 mesi, al 14,9% in quella tra 1 e 3 anni ed al 6,2% in quella tra 3 e 5 anni, dove giocano un ruolo rilevante le decisioni legali ed i tentativi di ricostruire nuovi percorsi di vita. Il target: tra i 25 e i 54 anni giovani donne e madri. Alla Procura di Napoli ogni giorno giungono in media venti, trenta segnalazioni di abusi di donne picchiate, minacciate, molestate che si sono rivolte alla magistratura per chiedere aiuto. A raccontarlo il procuratore aggiunto Luigi Frunzio che evidenzia la situazione esplosiva: «Tutti i pomeriggi mi vengono consegnati nuovi fascicoli: un mucchio alto così». Storie molto dolorose di casi simili tra di loro dove a cambiare sono i nomi, i luoghi, ma dove la violenza è la stessa. Picchiate, violentate ed in alcuni casi uccise da mariti, fidanzati, spasimanti, ma anche vittime di rapinatori o di uomini semplicemente violenti, anche per motivi futili. «All’inizio gli accertamenti vengono delegati alla polizia giudiziaria» spiega il procuratore, «Quando, poi, emergono elementi di preoccupazione si chiedono al gip misure cautelari: nei casi più gravi l’arresto, o in alternativa, il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalle vittime. Un lavoro delicatissimo, da svolgere però in tempi rapidi. I ritmi sono spesso serrati e dettati dall’urgenza: se uno dei magistrati del pool si assenta anche solo per pochi giorni il fascicolo viene assegnato a un altro magistrato per gli atti urgenti perché si può rischiare di non intervenire in tempo in casi che lo richiedano». Per contrastare il fenomeno, ormai dilagante anche grazie alla diffusione dei social media che di fatto hanno aumentato le occasioni di contatti pericolosi, lo scorso 19 giugno è stata ratificata da Camera e Senato la Convenzione di Istanbul per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne. La Convenzione approvata dal Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di protezione dei diritti della donna contro ogni forma di violenza. Lo scopo è quello prevenire atti di violenza, proteggere le vittime e perseguire gli aggressori, oltre che riconoscere una volta per tutte la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani. È composta da 81 punti alcuni dei quali riguardano anche la protezione dei bambini testimoni di violenza domestica, la penalizzazione dei matrimoni forzati, delle mutilazioni genitali femminili e dell’aborto e della sterilizzazione forzata. Affinché, Convenzione sia effettivamente vincolante, però, è necessario che gli Stati firmatari varino una legge d’attuazione che possa coprire finanziariamente e concretamente gli interventi di prevenzione e sostegno.

 

Di Giuseppe Musto

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