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Teatro Mercadante, “Don Giovanni” di Arturo Cirillo: da Mozart a Molière, un dissacrante antieroe ancora attuale

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Locandina dal profilo Instagram ufficiale del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

RECENSIONE – La stagione 2024/2025 del Teatro Mercadante di Napoli, a piazza Municipio, si è aperta con un grandissimo classico. Dal 15 al 27 ottobre in scena sul suo palco il pubblico applaude “Don Giovanni”, con adattamento e regia curati da Arturo Cirillo. La sceneggiatura mescola l’opera di Da Ponte, librettista di Mozart, con la successiva ristesura in prosa di Molière. Del resto dello stesso Molière, al Teatro Mercadante, Cirillo ha già portato nel 2019 la commedia altrettanto eccezionale de “La scuola delle mogli” (e l’anno scorso “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand).

Le scenografie sono essenziali, ma evocative delle ambientazioni del XVIII secolo. In egual misura i costumi. Le musiche, eseguite dall’Orchestra Topica e registrate presso SNAP STUDIO, scandiscono il tempo con un ritmo cadenzato che conferisce brio e spensieratezza alla rappresentazione. Arturo Cirillo, nei panni del protagonista, domina la scena con padronanza magistrale. Accanto a lui, di anno in anno sempre più maturo professionalmente, Giacomo Vigentini che interpreta Sganarello. Altrettanto notevoli le performance degli altri attori del cast: Irene Ciani (Donna Anna e Zerlina), Rosario Giglio (Don Luigi, Commendatore e Signor Quaresima), Francesco Petruzzelli (Don Ottavio, Masetto, il mendicante povero, Ragotino e il lacchè di Don Giovanni) e Giulia Trippetta (Donna Elvira).

Lo spettacolo resistuisce agli spettatori l’immagine di un personaggio dissacrante, un antieroe incredibilmente attuale. Don Giovanni, lo sappiamo, è entrato nell’immaginario collettivo per essere il seduttore per eccellenza, un donnaiolo impenitente. Oggi diremmo, ricorrendo al gergo giovanile, “il malessere per eccellenza”. Forse il più celebre della storia della letteratura e del teatro internazionali. Don Giovanni però è anche uno spudorato, un personaggio privo di empatia, di scrupoli e di morale. Deride Dio, la religione, le credenze altrui e tutti. Nel suo essere se stesso, tuttavia, non si abbandona a buonismi e ipocrisie.

Al suo fianco ascoltiamo, invece, Sganarello il cui nome denuncia la chiara influenza di Molière su Arturo Cirillo. Il servo di Don Giovanni nella versione di Mozart si chiama, infatti, Leporello. Sganarello apparentemente dà voce a principi più sani rispetto a quelli del galantuomo per cui lavora. Non ne condivide la condotta e lo invita spesso a ravvedersi. Tuttavia, nella realtà, lo stesso Sganarello spesso si contraddice. Predica bene, ma razzola male. È il primo nelle parole e nelle azioni a tradire i bei valori che predica. Sganarello è un vile, un debole sempre in balia delle circostanze. Gli manca il fegato e la voglia di reagire. Si nasconde dietro le.sue maschere. Il suo nome deriva, non a caso, da una storpiatura del verbo “disingannare”. È di fatto anche lui un antieroe.

Nell’universo Da Ponte/Mozart/Molière sembra che tutti i personaggi abbiano un prezzo. Anche la contadinella Zerlina, in fondo, è meno integrale di quel che si dichiara. Forse soltanto Donna Elvira conserva, nella forza e nel dolore, la sua onestà. Un’onestà costruita sull’ammissione delle proprie colpe e sull’effetto disinteressato. Don Giovanni e Sganarello, invece, sono un duo di inseparabili, un po’ come Don Chisciotte e Sancho Panza di Cervantes. Insieme si compensano. Sono forse due volte del genere umano. Chi è più miserabile tra Don Giovanni e Sganarello? La vita però non è una gara e presenta il conto chiunque tu sia. Nella quotidianità esistono diversi modi di ingannarsi e di ingannare il prossimo. Alla fine poi sopraggiunge per tutti il momento di confrontarsi con la propria coscienza e i fantasmi dell’esistenza.

Di Valentina Mazzella

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