“Dragon Ball è da maschi”: una frase che negli anni Novanta era facile sentir dire da grandi e piccini. E, ahinoi, capita ancora oggi. Per carità, l’affermazione ha un fondo di verità. L’opera di Akira Toriyama è, infatti, precisamente uno shōnen, ossia un prodotto rivolto a un pubblico di adolescenti maschi. Un po’ come lo shōjo rappresenta il suo corrispettivo femminile ed è una tipologia di manga destinato soprattutto alle ragazze. Ciononostante certe distinzioni di genere sono state spesso scavalcate dai gusti personali. Nel periodo in cui gli anime venivano ancora chiamati banalmente “cartoni animati”, il fatto che “Dragon Ball” fosse una storia di combattimento non ha impedito a migliaia di bambine di crescere con Goku e far ugualmente parte del grande fandom di Toriyama.
Pertanto diventa pertinente e interessante una riflessione circa la rappresentazione dei personaggi femminili nell’opera di Akira Toriyama. Almeno a proposito di quelli più famosi e ricorrenti. L’immaginario di “Dragon Ball”, infatti, non è abitato unicamente da combattenti, Saiyan e avversari tutti uomini. Nella narrazione esistono anche diverse donne. Sicuramente la più iconica di tutte è la carissima Bulma, spesso inserita nei sondaggi e nelle classifiche tra i personaggi femminili più amati della storia degli anime. Il complimento più bello con cui è stata omaggiata è la dichiarazione di Brian Camp e Julie Davis, gli autori di Anime Classics Zettai!: 100 Must-See Japanese Animation Masterpieces: “Mentre Goku è il cuore e l’anima del gruppo, Bulma è il suo corpo, colei che gli dà struttura e coesione”.
Bulma è senz’altro il personaggio femminile costruito meglio. La conosciamo fin da ragazzina e, avventura dopo avventura, la vediamo crescere e diventare adulta, addirittura invecchiare. Si può dire lo stesso anche di Chi-Chi, la moglie di Goku. Tuttavia nel caso di Bulma il personaggio attraversa innumerevoli cambiamenti. Nelle prime storie appare molto più energica e spumeggiante. Uno spirito libero, pronta a superare le sfide per cercare le sette sfere del Drago Shenron. Poi, appesantita forse dagli anni, diventa una persona più posata e apprensiva. Soprattutto quando sposa Vegeta e ha con lui dei figli. Eppure Bulma non viene mai fossilizzata solo nel ruolo di moglie e madre. Sebbene non combatta fisicamente in prima persona, Bulma si rivela spesso una risorsa fondamentale per il suo intelletto. Figlia del Dottor Brief della Capsule Corporation, Bulma è infatti una scienziata, un’inventrice e un’ingegnere straordinaria.
Al secondo posto abbiamo Chi-chi, la dolce consorte del protagonista che è tutto fuorché dolce. Fin da piccola appare capricciosa, bisbetica, focosa e prepotente. In compenso però è anche forte, protettiva nei confronti delle persone che ama. Può diventare feroce se sente la sua famiglia minacciata. Figlia dello Stregone del Toro, inizialmente anche Chi-Chi era dedita alle arti marziali. Non è un caso che sia rimasta abbastanza violenta all’occorrenza. Era la bambina e poi la ragazza terrestre più forte ci fosse: la candidata perfetta per Goku per il quale ha da subito perso la testa. Dopo il matrimonio, Chi-Chi ha abbandonato i combattimenti. Nella coppia è lei la risoluta nella quotidianità, quella che comprende l’urgenza di certi bisogni familiari e l’importanza dell’istruzione per i figli. Tuttavia viene rappresentata quasi come fosse insopportabile. Toriyama ha ammesso di non aver mai amato particolarmente disegnarla. Allo stesso tempo giustifica gli scatti di ira di Chi-Chi di fronte l’immaturità di Goku-bambinone nelle faccende di tutti i giorni.
Un po’ triste è la trascuratezza riservata da Toriyama al personaggio di Laura (nel doppiaggio originale Lunch). Molto presente nelle prime peripezie, a un tratto la ragazza scompare come se non fosse mai esistita senza che nessuno fornisca spiegazioni plausibili. Semplicemente perché l’autore, durante la realizzazione delle trame in corso d’opera, si è completamente dimenticato di lei. In gergo si dice che sia diventata vittima della cosiddetta sindrome di Chuck Cunningham, per il modo in cui l’omonimo personaggio sparì dalla sceneggiatura di “Happy Days”. Non l’hanno mai rimossa, invece, i fan più affezionati alla prima serie di “Dragon Ball”, nonostante di fatto fosse un personaggio secondario. Laura sfoggia due personalità completamente opposte. Di solito è una ragazza dai capelli blu dolce e affabile. Basta uno starnuto per diventare bionda, aggressiva e armata di fucile. Senz’altro uno dei personaggi più peculiari di “Dragon Ball”.
Al quarto posto citiamo C-18, il diciottesimo cyborg costruito dal Dottor Gelo e sorella gemella di C-17. Il suo nome da umana era Lazuli. Fa capolino in “Dragon Ball” come antagonista. Dopo una serie di battaglie, il suo personaggio subisce un’evoluzione psicologica che la porta a schierarsi dalla parte del Bene. Alla fine, grazie al Drago Shenron, torna a essere umana. Sposa Crillin e insieme avranno una bambina di nome Marron. Quella di C-18 e Crillin è forse la storia più romantica dell’opera di Toriyama perché inaspettata e con veri momenti di tenerezza. C-18 è quasi sempre molto seria, ma sa riservare sorrisi alle persone che ama veramente. È pragmatica, amante dei soldi e dello shopping. A differenza di Chi-Chi, non rinuncerà a combattere ogni tanto neanche dopo essere diventata madre. C-18 è una donna forte, decisa. Ha una forte consapevolezza di se stessa e non si abbandona agli stereotipi. Non ha paura di amare un uomo più basso e più debole di lei.
L’adorabile Videl, la figlia di Mr Satan e poi moglie di Gohan. Una ragazza tutto pepe che di certo non si fa mettere i piedi in testa. All’inizio si presenta un po’ come un maschiaccio. Fin da piccola è una combattente di arti marziali. Ha un carattere forte ed è sprezzante del pericolo. È sicura di se stessa, ha grinta da vendere. Caparbia e perfezionista, si impegna con determinazione per raggiungere i suoi obiettivi. Ad esempio quando decide di imparare a volare con Gohan. Allo stesso tempo però Videl è anche una persona dai buoni sentimenti che sa essere affettuosa e leale con i cari a cui vuol bene.
Non possiamo non menzionare la piccola Pan, la figlia di Gohan e Videl, nonché la nipote di Goku e Chi-Chi. Pan compare nella storia in “Dragon Ball Z” la prima volta, ma è in “Dragon Ball GT” che diventa addirittura protagonista. Degna erede della famiglia di combattenti a cui appartiene, Pan è forte e soprattutto tenace. Per una questione anagrafica, trattandosi di una ragazzina, ha spesso gli sbalzi di umore tipici degli adolescenti. Si arrabbia quando la trattano da bambina. Sa essere ribelle e disobbediente, curiosa e impaziente. Pan è anche un personaggio chiave per lo svolgimento di diverse storylines. Ma mai è soltanto una fanciulla che si lascia mettere nell’angolo.
Quelle citate fino ad ora sono sicuramente le donne di “Dragon Ball” più famose, quelle note anche ai meno appassionati dell’opera di Akira Toriyama. In realtà ci sono però anche altri personaggi femminili. Ad esempio Bra, la secondogenita di Bulma e Vegeta, che caratterialmente è molto più simile alla madre che al padre. Sorella minore di Trunks, è anche lei una Saiyan mezzosangue. Però, fatta eccezione per alcuni universi, solitamente sceglie di non dedicarsi al combattimento. Oppure pensiamo a Marron, la figlia di C-18 e Crillin. Anche Marron non trova tantissimo spazio e, senza seguire le orme dei genitori, non sarà mai conquistata dall’idea di praticare le arti marziali. C’è Mai, membro della Banda di Pilaf nella saga dell’Esercito del Fiocco Rosso. A differenza delle altre donne, non viene mai disegnata con una particolare avvenenza estetica, ma sempre in abiti militari. Mai avrà un ruolo principale in alcune linee temporali. In ultimo Kale e Caulifla, due ragazze Saiyan purosangue provenienti dal Pianeta Sadala di un un universo gemello. Altri due modelli lampanti di donne forti e testarde.
Alcune criticità ci sono nella rappresentazione dei personaggi femminili di Toriyama. Nella prima serie vi era, ad esempio, uno sguardo più malizioso che sessualizzava Bulma, Laura e Chi-Chi. Si trattava tuttavia dell’occhio lussurioso del Maestro Muten (il Genio delle tartarughe) oppure di quello di Oscar: in ogni caso non promosso dall’autore e non replicato dagli altri personaggi maschili. Bisogna considerare la sensibilità diversa degli anni Ottanta e il target a cui i manga erano destinati. Fatto sta che i personaggi femminili hanno almeno sempre avuto la forza fisica e il coraggio di reagire alle molestie, esplicite e velate. Oppure perlomeno la consapevolezza della propria sensualità per muoversi in certe circostanze: in ciò Bulma è stata sicuramente il personaggio che più è stato al centro di scene controverse.
Discorso diverso riguarda, invece, la scelta di Toriyama di far diventare madre e casalinga anche una promettente combattente come Chi-Chi, rinunciando in certo senso alle proprie passioni e ambizioni. Per amor di cronaca va, però, ammesso che anche alcuni personaggi maschili a un certo punto abbandonano il mondo del combattimento: Gohan e Goten, Crillin e Yamcha (Yanko in italiano). Quindi non necessariamente è una decisione dettata dal genere di appartenenza. E poi abbiamo Bulma che, per l’appunto, non abbandona mai la sua carriera. Di fronte a considerazioni simili a queste, anni fa in un’intervista Toriyama si giustificò dicendo: “Quando disegno le donne, finiscono tutte per avere personalità rudi. Semplicemente non riesco a disegnarle in modo più spensierato e allegro. Non riesco a disegnarle nemmeno più docili e carine”. Sulla moglie di Goku aggiunse: “Chi-Chi ad esempio aveva una personalità che non mi piaceva granché. Forse è perché Goku era disoccupato… e avrebbero dovuto sopravvivere usando la fortuna dello Stregone Toro per mandare avanti la famiglia. È per questo che Chi-Chi è così fastidiosa”. In ogni caso, al di là dei difetti e dei limiti che possono presentare, oggi possiamo comunque affermare che i personaggi femminili di Akira Toriyama hanno insegnato alle bambine e alle ragazze a non essere remissive e che “certi giochi da maschio” vanno bene “anche se sei una femmina”. “Dragon Ball” può essere apprezzato e amato davvero da tutti, indipendentemente dagli stereotipi.
Di Valentina Mazzella