RECENSIONE – Non servono incredibili effetti speciali per ottenere un buon film. Lo sta dimostrando “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi: una vera poesia in bianco e nero. La storia arriva al cuore e allo stomaco come un cazzotto. Resta addosso per giorni. In sala le donne si guardano di sottecchi. Le madri e le figlie vanno insieme al cinema. Al termine della proiezione il pubblico applaude. È un lavoro che fa arrabbiare, riflettere, ridere e commuovere.
“C’è ancora domani” racconta una realtà stracolma di violenza, ma senza abbandonarsi a scene di vera violenza. È un film crudo ed elegante. Tratta diverse tematiche e tutte su più piani di lettura. In maniera profonda, eppure allo stesso tempo con leggerezza. Sembra la pellicola perfetta per introdurre argomenti e dibattito a scuola. Tutti gli studenti dovrebbero vedere “C’è ancora domani”. Probabilmente non piace unicamente alle persone che hanno interiorizzato a tal punto una certa mentalità maschilista e patriarcale, da etichettare questo prodotto come “l’ennesima trovata femminista”.
L’eccellente esordio alla regia di Paola Cortellesi rende omaggio alla tradizione della Commedia italiana e del Neorealismo. È lampante e costituisce una nota di merito, nonostante l’ingenuità tecnica in alcuni passaggi. “C’è ancora domani” resta un lavoro lodevole e di raffinato pregio. Presentato alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma, al momento ha già vinto due premi. Grazie al passaparola, ha scalato le classifiche del botteghino ed è attualmente il film italiano che ha incassato di più negli ultimi anni, dalla pandemia in poi. Attendiamo con favore futuri nuovi riconoscimenti.
Le interpretazioni degli attori sono eccezionali. Il tenore artistico della Cortellesi è altissimo. Il personaggio di Valerio Mastandrea è odioso grazie alla sua performance. La coppia sul set funziona egregiamente, regala emozioni. “C’è ancora domani” racconta al pubblico una storia del passato che purtroppo è ancora contemporanea in tanti contesti. Il film illude lo spettatore e, con la suspense, sembra voler raccontare la solita trama già vista a più riprese. Invece scardina i binari e spiega al pubblico la forza di chi canta con le labbra serrate perché è possibile costringere al silenzio, ma non è possibile zittire l’animo interiore.
Di Valentina Mazzella