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Bullismo e cyberbullismo: dalle controversie legali al dialogo con i genitori, il dibattito dell’Osservatorio Pedagogico

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POMIGLIANO D’ARCO – Quando si discute di bullismo e cyberbullismo, il rischio di inciampare nel “già detto” è sempre dietro l’angolo. Eppure è fondamentale sensibilizzare. Se ne è parlato ad esempio ieri, mercoledì 11 maggio, presso il Centro Giorgio La Pira nell’incontro “Bullismo e Cyberbullismo: aspetti psicologici e giuridici”. Il dibattito è stato mediato dalla professoressa Caterina De Falco, Presidente del Centro. Sono intervenute figure esperte come l’Avv. Stefania Castellone e la Dott.ssa Michela Sarnatoro. Si è trattato del secondo appuntamento dell’Osservatorio Pedagogico promosso dalla collaborazione tra il Centro Giorgio La Pira e il Movimento di Impegno Educativo di AC a livello nazionale e l’Istituto Lazzati.

Sono state analizzate le varie declinazione del bullismo e del cyberbullismo. Esistono molteplici forme di prepotenza per denigrare o umiliare una vittima. Non solo attraverso la tradizionale violenza fisica, ma anche con la violenza psicologica. Negli anni del digitale, ad esempio, il cyberbullismo rappresenta un’eclatante deriva. Nonostante il web possa essere utile per tanti versi, nelle mani sbagliate può diventare uno strumento incredibilmente pericoloso perché ciò che va in rete non verrà mai del tutto rimosso. Purtroppo non sempre le persone sono consapevoli di tanti aspetti. Ad esempio, osserva l’Avv. Stefania Castellone, spesso si affronta con leggerezza anche l’iscrizione dei minori ai social dichiarando un’età diversa dalla reale per poter effettuare l’iscrizione secondo le normative. In questi casi, sebbene non in cattiva fede, si sottovaluta che di fatto, qualora accadesse qualcosa, dal punto di vista legale l’azione rappresenti una vera e propria dichiarazione falsa, cioè un reato.

Ci sono modi per prevenire il bullismo e il cyberbullismo? Nessuno ha la bacchetta magica, eppure tentare almeno di arginare il fenomeno a monte è di vitale importanza. Di frequente si scopre che il bullo non è altro che un adolescente a sua volta con problemi di inserimento causati da tensioni personali o legate alla famiglia. Essendo anche lo stesso bullo un minore, un ragazzo in cerca di attenzioni, sarebbe meglio prevenire certe dinamiche. È la ragione per cui la Legge chiede soprattutto alla scuola, in qualità di agenzia educativa, di sensibilizzare sul tema e affiancare i ragazzi attraverso iniziative e vari sportelli prima che il problema si verifichi o sia conclamato. Agire legalmente dopo è sicuramente più complicato.

Da una parte le vittime devono essere affiancate e rassicurate. Gli adolescenti devono sapere di non essere soli, di non essere giudicati. Gli adulti devono spronarli a non alimentare il gioco di abuso e prepotenza dei bulli. Ci sono diversi modi per ribellarsi al sistema, ad esempio denunciando i fatti ai genitori e ai docenti oppure rivolgendosi a dei numeri di telefono di assistenza predisposti. Dall’altra parte i bulli devono essere educati a tradurre la propria rabbia in maniera ponderata, senza sfociare in comportamenti scorretti che cercano il riscatto attraverso delle derive nocive. E questo implica dunque il rispetto delle regole, ma soprattutto il rispetto per se stessi e per gli altri.

Per quanto riguarda il cyberbullismo, nello specifico, è necessario educare i bambini, i preadolescenti e gli adolescenti a un uso corretto, responsabile e consapevole dei mezzi virtuali. Sicuramente negli ultimi vent’anni il digitale ha allargato i confini del mondo. La stessa società si è estesa e si è allargata al mondo virtuale. Ma, come accade nella vita reale, bisogna rapportarsi con coscienza e responsabilità.

Fino a che punto un genitore può controllare i figli? Può pretendere il PIN e le password del suo cellulare? Sono altri interrogativi molto frequenti tra gli adulti. L’Avv. Stefania Castellone e la Dott.ssa Michela Sarnatoro si sono confrontate anche su questo argomento. Dal punto di vista legale esistono in realtà dei diritti indisponibili come il diritto alla riservatezza di cui anche un minore gode. Pertanto in passato già alcuni tribunali hanno emanato delle sentenze in cui la Legge si è pronunciata a favore della privacy del minore. Un giudice potrebbe autorizzare un genitore al controllo dei dati virtuali del figlio solo di fronte all’evidenza di campanelli d’allarme dimostrabili, di un’esigenza vera, patologica e certificata, ma non negli casi. Ovviamente sappiamo che la faccenda è molto più complessa. Molti ragazzini non hanno la maturità adeguata per intuire i pericoli del web. Davvero un genitore deve rassegnarsi esponendo il figlio ai rischi? 

È a questo proposito che la Dott.ssa Michela Sarnatoro ha spiegato come di fatto a nessuna età alle persone piaccia essere controllate. L’ideale pertanto sarebbe innanzitutto maturare, fin dalla tenera infanzia, una comunicazione basata sulla fiducia e sul dialogo reciproco. I genitori non dovrebbero imporsi con autorità sui figli. Questo contribuisce a far percepire ai ragazzi la richiesta di una password o di un codice, per esempio, come una forma di prepotente controllo. Al contrario esporre le proprie paure da genitore e la sincera preoccupazione per i pericoli del web aiuterebbe a costruire una comunicazione sana. Del resto interesse dei genitori è offrire ai figli gli strumenti adatti per affrontare la vita in maniera autonoma e sicura, anche quando non possono controllarli.

Sicuramente per lottare contro il bullismo e le sue derive c’è bisogno di fare rete. Soprattutto tra la famiglia e la scuola, ma non solo. Non a caso Caterina De Falco ha osservato come spesso alla scuola vengano attribuite troppe competenze di cui non sempre essa è capace di reggere tutto il peso. Ci sono iniziative come gli sportelli con gli psicologi che dovrebbero essere molto di più valorizzate. Lo stesso Osservatorio Pedagogico si propone al territorio come opportunità per offrire agli adulti degli spunti in più nell’educazione dei giovani. È insomma importante creare il maggior numero di “sentinelle”, come ha osservato l’Avv. Castellone. “Gettare pietre nello stagno per vedere i cerchi allargarsi in acqua”, ha aggiunto la professoressa De Falco. Parlare è in fondo il primo modo per riconoscere il problema e provare ad affrontarlo con efficacia. Anche i piccoli passi sono preziosi se si desidera cambiare il futuro e costruire una realtà diversa, in cui rispetto e solidarietà abbiano ancora valore e riconoscimento.

Di Valentina Mazzella

 

 

 

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