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Il gioco del lotto a Napoli nel Novecento

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Benvenuti al nuovo appuntamento di “Napoli: Storia, aneddoti e curiosità”.

Per raccontare la città di Napoli è necessario aprirsi a più visioni e qui sono raccolte due delle voci più rappresentative del panorama culturale napoletano: Matilde Serao e Benedetto Croce.

“Ebbene, a questo popolo eccezionalmente meridionale, nel cui sangue s’incrociano e si fondono tante gentili, poetiche, ardenti eredità etrusche, arabe, saracene, normanne, spagnuole, per cui questo ricco sangue napoletano si arroventa nell’odio, brucia nell’amore e si consuma nel sogno: a questa gente in cui l’immaginazione è la potenza dell’anima più alta, più alacre, inesauribile, una grande fantasticheria deve essere concessa” si legge ne “Il ventre di Napoli” della Serao. Quest’elemento stupefacente è il gioco del Lotto.

“Il popolo napoletano rifà ogni settimana il suo grande sogno di felicità, vive per sei giorni in una speranza crescente, invadente […]: per sei giorni il popolo napoletano sogna il suo grande sogno dove sono tutte le cose di cui è privato” scrive ancora l’autrice. “Tutte queste cose che la vita reale non gli può dare, esso le ha nella sua immaginazione dalla domenica al sabato seguente; e i progetti si sviluppano, diventano quasi quasi una realtà”.

Garibaldi, quattro giorni dopo il suo arrivo a Napoli (1860), abolì la fonte settimanale della speranza; ma ci pensò Vittorio Emanuele II, tre anni dopo, a ripristinare il Lotto e a riattivare il miraggio napoletano.

“Il pomeriggio del sabato, la delusione è profonda, la desolazione non ha limiti: ma alla domenica mattina la fantasia si rialza, rinfrancata, il sogno ricomincia”. (M. Serao)

“Le pettinatrici del popolo, le cosiddette ‘capère'”, che lavorano a domicilio, “portano in giro i numeri alle loro clienti, ne ricevono in cambio degli altri, sono il gran portavoce di numeri” ci raccontano ancora le stesse pagine.

“Alle quattro del sabato, tutti quelli che sono più ammalati [del gioco], non possono più aspettare” e si recano alla sede dell’estrazione del Lotto, “in una strada fra la via Pignatelli e la via Santa Chiara per assistere all’estrazione dei numeri”. Non tutti possono andarci e allora uno scugnizzo parte, va alla più vicina ricevitoria. Il ragazzo torna correndo e affannando, gridai cinque numeri agli ingressi dei vicoli: la narrazione della Serao è veloce, precisa nel descrivere questi momenti.

Dopo regna il silenzio!

Come tutti i sogni troppo pronunziati, il Lotto conduce al graduale passaggio da una condizione migliore a una peggiore.

Il popolo napoletano non si corrompe per l’alcool dei liquori, esso si corrompe per il Lotto; il Lotto è il liquore amaro di Napoli. Quello che Matilde chiama “l’acquavite di Napoli”.

 

Riferimenti:

Matilde Serao, Il ventre di Napoli (1884)

Charles Dickens, Impressioni italiani (1846)

Benedetto Croce, La mia filosofia (1993)

 

Saluti cordiali,

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco. 

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