Napoli: un paradiso abitato da diavoli

Benvenuti all’ appuntamento con la rubrica “𝑵𝒂𝒑𝒐𝒍𝒊 𝒂𝒏𝒕𝒊𝒄𝒂: 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂, 𝒂𝒏𝒆𝒅𝒅𝒐𝒕𝒊 𝒆 𝒄𝒖𝒓𝒊𝒐𝒔𝒊𝒕𝒂'”.

Piovano Arlotto fu un sacerdote e scrittore fiorentino che, nel 1396, scrisse: “L’aria di Napoli opera bene in tutte le cose e male degli uomini, i quali nascono di poco ingegno, maligni, cattivi e pieni di tradimento e, se non fosse così, Napoli sarebbe un paradiso”.

Altri biasimi ci arrivano dal 700 dallo scrittore francese Duclos che scrive a proposito delle donne napoletane: “Le donne napoletane sono più modeste di quelle italiane e non sono fatte per la galanteria”.

In tempi più recenti, anche Salvatore Di Giacomo: “Napoli è una città disgraziata, gente senza ingegno, senza cuore e senza iniziativa”. 

Fortunatamente, non mancano giudizi benevoli. È il caso dello scrittore belga Beauffort che, in un suo viaggio a Napoli, nella metà del 1800, scrisse: “I napoletani sono sensibili all’amicizia e quindi fedeli, hanno cuor generoso verso tutti. Sono valorosi ove abbiano causa propria da difendere e sono molto affezionati ai vincoli di famiglia”. 

Generalizzare è un modo per dare una visione distorta della realtà che sfocia sempre nello stereotipo. Essere napoletano o fiorentino non è una categoria ma soltanto l’appartenenza ad una regione geografica; questo però non può esimerci dall’autocritica come ha ben fatto Benedetto Croce che nel 1923 ripropose nel suo libro “Un Paradiso abitato da diavoli” la critica del fiorentino: “E se ancora oggi noi accettiamo senza proteste l’antico biasimo è perché stimiamo che esso valga da sferza e da pungolo, e concorra a mantenere viva in noi la coscienza di quello che è dover nostro. Ci importa poco ricercare fino a qual punto il detto sia vero, giovandoci tenerlo verissimo per far che sia sempre men vero”.

Napoli è un paradiso “e questo è vero”, ma la seconda parte della frase nasce dall’invidia; perché gli abitanti del paradiso debbono essere dei diavoli per coloro che ne sono esclusi.

Saluti cordiali!

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco.