“Qui parliamo della rabbia tra marito e moglie. Come sapete, negli ultimi sette giorni ci sono stati sette delitti. Sette donne uccise, presumibilmente da sette uomini. Questo soltanto per dire l’ultima settimana”. Inizia così il discorso di Barbara Palombelli pronunciato ieri su Rete4 per commentare una delle tante cause inscenate per la storica trasmissione “Forum”. Il preambolo informa il pubblico su un dato vero, inquietante. Il femminicidio è all’ordine del giorno e i casi spesso non fanno neanche più veramente notizia. I nomi, i volti e le storie di tante sfortunate donne diventano numeri comunicati dalla televisione e alle volte si diventa disumanamente insensibili alle news di morti tragiche che seguono tutte il medesimo pattern malato. Ma può mai la società arrendersi e normalizzare certe dinamiche tossiche? Che il problema sia di suo una piaga culturale lo dimostra la prosecuzione del discorso di Barbara Palombelli che a seguire ha affermato: “A volte però è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati, oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte? È una domanda, dobbiamo farcela per forza, perché dobbiamo, in questa sede soprattutto che è un tribunale, esaminare tutte le ipotesi”.
Parole agghiaccianti. Vergognose. Soprattutto perché pronunciate da una donna e per di più su una rete nazionale. Non a caso è scoppiato, giustamente, un putiferio sui social. Innumerevoli sono i commenti di contestazione e gli utenti che invitano la Mediaset a licenziare la giornalista. Sorvolando sul fatto che determinate domande e giudizi ovviamente non spettano a una conduttrice nel tribunale di Forum, è ammissibile che certi messaggi vengano diffusi a piede libero davanti a milioni di spettatori? A che serve promuovere giornate contro la violenza sulle donne, distribuire scarpe rosse per le strade d’Italia, se poi viene considerato accettabile da un ente televisivo strizzare l’occhio alle molestie nei vari programmi spazzatura e colpevolizzare le vittime in altri programmi? Perché di base è questo il sottotesto del ragionamento della Palombelli: “forse la vittima può in un certo qual modo aver provocato l’assassino”. Si comprende il colpevole, si giustifica l’azione e magari si finisce con il riconoscere un’attenuante al reato. Come se già molte vittime non si mettessero in discussione. Manipolate e soggiogate, raramente si ha la consapevolezza di essere intrappolate nella rete di un ragno, di essere invischiate in delle dinamiche tossiche. Cosa dovrebbero dedurre quelle persone dal discorso della Palombelli? Che se sei esasperante, meriti le “mazzate”? Meriti la morte? Che sei responsabile di tutto ciò?
Tornano in mente alcune scene della storia “L’amica geniale” in cui questo pensiero deviato viene descritto in maniera magistrale. Ogni volta che il padre o il marito Stefano picchiavano la protagonista Lila ripetevano: “Lila, hai visto? Cosa mi fai fare?”. E invece basta. La strada è lunga, ma bisogna cambiare registro. Se il partner è esasperante – possibile nella realtà -, ci si parla o lo si lascia. Uomo o donna che sia. Non lo si ammazza. Non lo si perseguita. Non lo si sfregia con l’acido. Non si normalizza l’inaccettabile. Non si normalizza la violenza.
Di Valentina Mazzella