La Costiera Amalfitana che sa profumare di agrumi color sole, di maioliche a profusione – a ricordarci che basta poco per essere estate – di sandali fatti a mano, del panama tolto e dimenticato sul tavolo in vimini- dopo il gelato fiordilatte e pistacchio – come metafora della vita, del pezzetto di mare da attraversare per la mozzarella in foglia di limone di Adolfo, di una pirofila di fichi d’India e mirti selvatici e di pasta fatta a mano che sa farti sentire a casa anche quando non sei a casa, di pietra bianca del Duomo di Amalfi e di carretti per granite lungo le curve prima dell’ultimo parcheggio, di sole fino a sera che batte sulle imposte e asciuga il bucato dimenticato sui fili di ferro, di colazioni con aranci e cedri grandi come angurie, di cuscini colorati sparpagliati perché l’ordine non è mai appartenuto ad un divano, di lampare in mare di notte – che grazie a dio c’è della luce in ogni buio – di tende bianche lasciate libere di sventolare assecondando il vento che decide da che parte andrà il mare, di vino e di formaggi dei Monti Lattari e di salsedine e di delizia a limone di Sal de Riso e di gelsomino e rosmarino e di tavole imbandite – perché da noi la tavola è una cosa seria – e di vento e di afa e di caldo appiccicoso che ti si incolla prima tra i vestiti e poi sui capelli e poi nemmeno ci fai più caso, di vicoli e di abiti di lino grezzo quasi croccante e di verde e di giallo e di bianco candido delle camicie di seta tappezzate di coralli e turchesi. Sotto cieli di stelle e di limoni.