PROCIDA – Duemila figuranti , 49 i carri che hanno sfilato lungo la processione del Venerdi Santo sull’isola procidana con turisti accolti all’ imbarco da un sole ridente e da un cielo terso; si conclude cosi il venerdì Santo 2015 nell’isola di Procida. Una tradizione religiosa e folcloristica di origine spagnola, proveniente da Siviglia che si ripete sin dal 600’ ed organizzata dalla congrega dei Turchini.
Una processione per la cui realizzazione non vi è abitante dell’isola che non vi partecipi sin dalla tenera età, come lo dimostrano i bambini portati in braccio, vestiti di nero e oro. Rito fortemente “stampato” nel dna dei procidani che lo tramandano di padre in figlio. e vi partecipano nel sacrificio, nella creatività nella condivisione dell’intera comunità procidana.
Dopo una veglia funebre al Cristo morto, la statua lignea collocata nella chiesa S. Tommaso D’Aquino, sede della congrega dei turchini, viene condotta in una lunga processione lungo le vie principali del centro storico.
Il corteo dei giovani maschi dell’isola sfila con una tunica bianca e una mantellina blu. in un silenzio rotto solo da un suono di tromba che richiama al dolore e tre tocchi di tamburo a cadenza scandiscono i passi dei passanti avvolti da un profumo d’incenso.
Chiude il corteo “Cristo morto”, avvolto in un velo trasparente che attende la resurrezione, seguiti dalla banda musicale di Procida e dalle autorità locali.
Quest’anno tra i carri i “misterici”in legno e cartapesta con simboli tratti dal vangelo e dal vecchio testamento: figurava insolitamente Gesù in arancione imprigionato, con uno scheletro corroso dal male, pronto a cancellare il bene da questo mondo. Un chiaro richiamo ad un pilota ucciso dall’Isis qualche mese fa, la tradizione che si rinnova e si veste della drammaticità attuale. Sono passati duemila anni da allora “Dio ha dato all’uomo il libero arbitrio, ma l’uomo continua a sfigurare il volto suo e di suo fratello – è il mistero dell’indignazione e della speranza spiega un volantino distribuito ai partecipanti insieme ad un rosario.La speranza che da una propedeutica rappresentazione possa scaturire un cambiamento verso una società più giusta e migliore.
di Gabriella Romano