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Timpani e Scammaro con Antonio Tubelli

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NAPOLI – Un pugno di vicoli che vanno a congiungersi con Spaccanapoli, una delle arterie pulsanti di Napoli, vico delle Querce uno dei tanti, in mezzo a graffiti vecchi e nuovi su un muro che ne ha ospitati parecchi, c’è una porta verniciata di azzurro, sopra un’insegna con un asso di bastone , simbolo scaramantico napoletano.Siete arrivati alla bottega di Antonio e Lucio Tubelli. Cosa vendono?  Storia di Napoli e cucina napoletana, cibo pronto, quello povero, quello che oggi viene definito  “street food”,  tornato alla ribalta prepotentemente  per la salute della “tasca” e del palato.

Antonio Tubelli vi accoglie con il calore che contraddistingue l’amico che non vi vede da tempo. Vi mostra i suoi prodotti, vino e formaggi, ma soprattutto le sue creature i Timpàni che fanno bella mostra nella piccola vetrinetta, polpette, verdure cotte e lo Scammaro, piatti un po’ dimenticati ma ora ricercatissimi dai cultori della materia.

Antonio mi offre una fetta di scammaro , una specie di frittata di pasta senza uova condita con olio extra vergine, capperi, olive verdi e nere della Maggiarra Impero Sonnino, aglio afragolese ( ribattezzato bassoliniano), spaghetti Gemme del Vesuvio, pecorino romano e tanto prezzemolo.
Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino e discendente dal famoso Guido, amico di Dante, nel 19837 inserì questa ricetta nel suo libro Cucina Teorico Pratica, che possiamo definire una vera e propria enciclopedia della cucina napoletana..

La ricetta in lingua originale è la seguente :

“tre rotole de vermicielle, ma teniente, teniente, li scule e li buote dinto a no tiano co tre mesurielle d’uoglio zoffritto, co miezo quarto d’alice salate, e pepe, quanno l’aje mbrogliate e asciuttate, ne miette na mità dinto a la tiella e nge miette na mbottonatura d’aulive senza l’osso,de chiapparielle, d’alice salate a meza a meza, passe e pignuole, nge miette l’auta mmità de li vermicielle e nge farraje fa la scorza sott’e ncoppa, facennola friere co la nzogna o co l’uoglio.”

Come nacque lo Scammaro:

durante il periodo della Quaresima i nobili osservano il giorno del venerdì come giorno di magro dove venivano serviti solo cibi privi di carne. I monaci invece, osservavano una dieta di magro per tutti i 40 giorni, tranne quei pochi fratelli che per motivi di salute dovevano avere anche le proteine della carne.

Per non stimolare peccati di gola nei fratelli a dieta, i piatti con la carne venivano consumati nelle celle, le cammere. Da qui la diversificazione, cammere e scammere cioè cibo grasso le prime e cibo magro le seconde. Per estensione scammere divenne scammaro, cioè cibo senza proteine anche se nella ricetta c’è l’acciuga salata, ma anticamente il pesce non era riconosciuto come “carne” animale.

di Antonella Orsini

 

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