di Giuseppe Musto
Napoli – Novità in arrivo per il 2018 per i lavoratori con disabilità: dal 1 gennaio tutti i datori di lavoro che occupano dai 15 a 35 dipendenti sono tenuti ad assumere alle loro dipendenze, entro 60 giorni, un lavoratore disabile indipendentemente dalla necessità di effettuare di una nuova assunzione. Un obbligo, previsto inizialmente a decorrere 2017 che è stato rinviato al 2018 per effetto del decreto Milleproroghe 201. Si tratta di una “sorta di moratoria” per il collocamento delle persone con disabilità, in essere dal 17 gennaio 2000, data di entrata in vigore della legge n. 68/1999: quella che, in sostanza, subordinava l’obbligo di assumere un portatore di handicap a quando si fosse effettuata una nuova assunzione. Tale onere, come affermava l’art. 2, comma 2, del DPR n. 333/2000, doveva essere assolto nei successivi 12 mesi ora le piccole e medie aziende, qualora risultino scoperte, dovranno assumere una persona con disabilità entro il prossimo 2 marzo). Per il calcolo del personale dipendente con contratto di lavoro subordinato, bisogna fare riferimento all’art. 4 della legge n. 68/1999, e ricordare “in primis” ricordare che la computabilità, ai fini dell’assoggettamento alla normativa tiene conto, della struttura aziendale, intesa nel suo complesso: ovviamente, in caso di società straniera operante in Italia, il numero va determinato sulla sola sede presente nel nostro Paese (Cass. n. 1324/1987). Non sono computabili: i lavoratori disabili già in forza avviati ex lege n. 68/1999 (ma anche assunti per effetto di norme precedenti tra cui la legge n. 482/1968); i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi: si ritiene che gli stessi debbano essere calcolati nel momento in cui superino tale soglia. In presenza di attività di carattere stagionale, il periodo si calcola sulla base delle corrispondenti giornate lavorative prestate nell’arco dell’anno solare, anche non continuative (art. 3, comma 6, del DPR n. 333/2000); i soci di cooperative di produzione e lavoro che hanno in essere, oltre al vincolo associativo, un ulteriore rapporto di natura subordinata (art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001). Il riferimento a tale tipologia di cooperativa non può essere, per analogia, esteso anche a società cooperative che non presentano questa caratteristica, come ribadito dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro in una risposta alla struttura territoriale di Padova con la nota 10701 del 7 dicembre 2017;i dirigenti, intesi in senso stretto, senza alcun riferimento a “quadri apicali”; i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, in quanto dipendenti dell’Agenzia di Lavoro. Lo afferma anche l’art. 34, comma 3, del D.L.vo n. 81/2015 che ritiene computabili i lavoratori somministrati soltanto per gli istituti che fanno riferimento alla salute ed alla sicurezza sul lavoro; i lavoratori assunti per svolgere attività esclusivamente all’estero, per la durata di tale attività; i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità assunti a tempo indeterminato ex art. 7 del D.L.vo n. 81/2000; i lavoratori a domicilio: la norma non cita espressamente i dipendenti con modalità di telelavoro che, tuttavia, parte della dottrina, ritiene assimilabili ai lavoratori a domicilio. Ovviamente, i lavoratori in smart-working sono computabili, a tutti gli effetti, nell’organico in quanto la loro prestazione, frutto dell’accordo previsto dall’art. 19 della legge n. 81/2017, postula, soltanto, che parte dell’attività lavorativa si effettui al di fuori del perimetro aziendale; gli apprendisti di qualsiasi tipologia: qui è l’art. 47, comma 3, del D.L.vo n. 81/2015 ad affermarlo espressamente e tale esclusione opera per tutta la durata del periodo formativo (in genere, 36 mesi), fatte salve le qualifiche riferibili al settore artigiano ove la durata prevista dal CCNL può raggiungere i 5 anni. Anche gli apprendisti, senza limiti di età, assunti con contratto professionalizzante (art. 47, comma 4) in quanto percettori di indennità di mobilità (ormai, pochi, in considerazione del fatto che dal 1° gennaio 2017 non ci si può più iscrivere nelle liste) o titolari di un trattamento di disoccupazione (NASpI, DIS-COLL, ASDI, ecc.) non sono computabili per tutta la durata del periodo formativo; i lavoratori a tempo indeterminato parziale sono calcolati “pro-quota” come già prevedeva l’art. 18, comma 2, della legge n. 300/1970 (richiamato dal Legislatore) e come, ora, afferma l’art. 9 del D.L.vo n. 81/2015. I lavoratori già disabili prima della costituzione del rapporto, non assunti attraverso il “collocamento obbligatorio” vengono computati nell’aliquota di riserva (che per le imprese di cui stiamo parlando è di una unità) nel caso in cui abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60% (si tratta di una modifica inserita nel D.L.vo n. 151/2015) o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria delle tabelle allegate al DPR n. 915/1978 relativo alle pensioni gi guerra, o una disabilità intellettiva e psichica con riduzione, accertata dagli organi competenti, superiore al 45%. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia con una riduzione, anche qui, pari o superiore al 60%, possono essere computati nella quota di riserva a meno che tale inabilità non scaturisca da un inadempimento del datore di lavoro in materia di sicurezza od igiene sul lavoro, accertato, in via definitiva, in sede giurisdizionale.